(969) Innocentemente

Innocentemente guardo e innocentemente valuto e innocentemente prendo le misure. Che poi siamo tutti innocenti fino a prova contraria, no?

Va bene, mettiamo il caso che sia davvero così, ma dove starebbe la colpevolezza? Perché se c’è una colpa questa dovrebbe essere palese, evidente a tutti. Dovrebbe essere qualcosa che crea danno a qualcuno e che il danno sia intenzionale e che la cattiveria delle intenzioni non lasci dubbio alcuno.

Nella situazione sbagliata, nel momento sbagliato, con le persone sbagliate, è facile cadere nella colpa. Eppure quale situazione al mondo, quale momento e quali persone possono non essere sbagliate? Mai? Questione di congiunzioni astrali fortunate. Urano in vacanza, distratto e annoiato, Saturno focalizzato su qualcun altro e via di questo passo.

È chiaro che sono innocente nel momento in cui guardo. Non guardo per cogliere qualcosa in particolare, guardo e basta. Guardo l’insieme, guardo quel che c’è e quel che manca. Guardo per guardare. Punto.

È chiaro che sono innocente nel momento in cui valuto, non è che penso al mio tornaconto, non lo faccio calcolando dove voglio portare la situazione e come approfittarmene. Valuto per capire dove sto, dove voglio stare, dove vorrei stare (al massimo). Valuto adottando una mia intima scala di valori che si possono applicare benissimo a me e alla mia vita e basta. Senza nessuna pretesa. Valuto e basta. Punto.

È chiaro che sono innocente nel momento in cui prendo le misure con il mio metro da sarta, prima di tagliare il modello e proseguire con il cucito devo per lo meno sincerarmi se ci sto dentro o se non fa per me. Prendo le misure per non avere brutte sorprese, per capire se le distanze sono quelle giuste, se i pesi sono distribuiti bene. Prendo le misure per vedere se prendere o se lasciare. Prendo le misure e basta. Punto e basta.

Tutto questo innocentemente. Lo ribadisco: innocentemente. Come tutti. Perché non ci sono colpe nel guardare, valutare e prendere le misure. C’è cautela e c’è buonsenso. C’è umilità per tutto quello che non si è e non si può capire. C’è speranza di capire un po’ meglio e di evitare certi errori stupidi, magari errori già commessi nel passato per mancanza di cautela e buonsenso.

Si procede così, nuotando a vista, non sempre accompagnati, ma per stare a galla non servono le pinne… basta impegnarsi di più e, al massimo, si farà il morto. Eh.

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(612) Pretesa

Una cosa subdola, si fa fatica a riconoscere la propria perché ci mette davanti a un dato di fatto: meriteremmo un bel calcio in culo.

Il Buddhismo ci consiglia di lasciare andare le aspettative, in questo modo ci avviciniamo al Nirvana. Sono anni che ci penso, anni che mi trovo talmente lontana da questo concetto da dubitare di averlo compreso veramente. Dal mio dubbio sono risalita alla sorgente e – sono ancora in marcia, la strada è lunga – in questa mia tappa odierna (le illuminazioni arrivano quando vogliono loro, mica quando decidi tu) sono riuscita ad afferrare questa parola: pretesa.

Mollare la pretesa che soltanto perché esisti il mondo debba essertene grato, tanto per iniziare.

Non c’è niente da fare, ci ricaschiamo ciclicamente. E mentre combattiamo, come-devono-andare-le-cose VS come-noi-pretendiamo-che-vadano-le-cose, si compie il nostro Destino.

La sostanza è questa: l’avere aspettative, l’attendersi qualcosa, è il carburante che ci permette di muoverci per soddisfarle. Questa cosa delle aspettative a me è necessaria, non mi piace perdere tempo, fare le cose senza aspettarmi niente non me le fa fare bene, le faccio come vuoto-a-perdere. Va al di là delle mie forze. Quello, invece, che devo e posso smettere di fare è alimentare ‘sta maledetta pretesa che le cose saranno e andranno come voglio io perché… perché sono io che le voglio, ovvio!

Nessuno è disposto ad ammetterlo, ma ce lo dobbiamo mettere in testa tutti che le pretese sono arroganti, sono fastidiose per chiunque ci stia attorno e sono mortificanti. Più spingi le cose dove vuoi tu e più vanno dove cavolo ne hanno voglia. Forse perché non pensano che tu sia il massimo della vita, e come dare loro torto?

Va bene, mettiamo il caso che non stiamo avendo ciò che ci meritiamo, ma se ci fosse in serbo per noi qualcosa di meglio perché buttarlo? E soprattutto: ma siamo proprio sicuri che ce lo meritiamo? Ma daverodavero?

A me un dubbio rimane. Fare di più, spesso, non guasta.

 

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