(175) Scommessa

Un tempo, gli adulti ripetevano che i giovani erano la scommessa per il futuro dell’umanità. Credo abbiano smesso di dirlo, credo l’abbiano sostituito con qualcosa tipo: “Non rompere le scatole, giovine!”.

Non sto parlando dei giovani trentenni o quarantenni, quelli non sono giovani (io non sono più giovane), quelli sono gli adulti. Per lo più tristi, per lo più incazzati, per lo più cazzari, per lo più stanchi di essere vivi. Non tutti, ma troppi sì.

I giovani sono i ragazzi che ora si trovano alle scuole superiori, quelli sono i giovani. Sono quelle persone stravaganti e svalvolate che possono farti orgoglioso e trasformarti in un omicida nel giro di tre secondi netti. Hanno quel talento lì.

Ebbene, i giovani non hanno solo un talento, ne hanno molti solo che non gli danno valore perché sembra che agli adulti quei talenti lì risultino essere inutili. Soltanto perché gli adulti quei talenti li hanno persi per strada e rode parecchio rendersene conto. Quindi buttano fango su ciò che vorrebbero indietro, ma che ormai non appartiene più a loro. Giovinezza compresa.

Scommetti sempre e solo sul cavallo vincente, giusto? Scommetti augurandoti di vincere, ma sai che puoi anche perdere. Se perdi cosa fai? Uccidi il cavallo su cui hai puntato? Ecco, noi adulti pensiamo che se un giovane ci delude, allora lo si archivia come cavallo perdente su cui non vale più la pena di puntare.

Io li vado a incontrare questi puledri mezzi fuori e mezzi dentro, mezzi coraggiosi e mezzo atterriti, mezzi incazzosi e mezzi divertiti, e punto sempre su di loro, perché loro vincono sempre. Loro vincono sempre. Siamo noi adulti che perdiamo, e perdiamo sempre con disonore.

Sempre.

 

 

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