(941) Omologarsi

Ancora non l’abbiamo capito, ma decidere di omologarsi a un ideale che per natura non ci aggrada ci rende la vita un inferno. Pensiamo che così facendo ci eviteremo discussioni e scontri con chi ci sta attorno, invece decretiamo la nostra morte cerebrale. Giorno dopo giorno, senza fine fino alla fine.

Nessuno ci verrà mai a dire: “Smettila, ritorna com’eri, padrone di te stesso e delle tue scelte”. Nessuno.

Quelli più fortunati ricevono una bella botta in testa e rinsaviscono, rendendosi conto di quanto quella loro vita priva di scossoni sia una bella bara che non porterà a grandi sorprese o emozioni sfavillanti, mai. Proprio mai.

Da questa riflessione potrebbe scatenarsi una vitale ripresa dell’Anima, che approffittandosi dello spiazzamento neuronale si rialza e ci fa fare una pazzia. Una di quelle che ti cambiano tutto, migliorano il tuo umore, la considerazione che hai di te stesso e la voglia di credere che sta a te decidere cosa e come apparecchiare i tuoi anni. Da subito.

L’omologazione a un’idea, a uno status sociale, a una visione dell’oggi e del domani è un deresponsabilizzarsi, un delegare a qualcun altro doveri e anche diritti che sono soltanto due facce della stessa medaglia. Medaglia che parla di te.

Se vuoi sapere quanto ti sei omologato a quel che hai attorno, prova a chiederti di cosa potresti fare tranquillamente a meno. E aggiungi nelle opzioni anche te stesso, così sarà più interessante scoprire chi vince.

Siamo una specie che ha fatto dell’adattarsi la regola base per la propria sopravvivenza, ma forse abbiamo esagerato. Forse pensiamo che sia più importante sopravvivere e farlo più a lungo possibile, piuttosto che rimettere in pista il proprio cuore ogni mattina e spingerlo a prendersi quella vita che non è mai ovvia, mai banale, mai come tutte le altre.

Forse non è così.

Forse si può fare di meglio.

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(359) Serratura

Non mi è mai piaciuto guardare attraverso il buco della serratura, forse perché già quello che vedo normalmente mi basta. Tutto quello che mi sfugge lo intuisco, lo immagino, lo fantastico. Mi viene molto meglio, la realtà spiata spesso è deludente.

C’è anche la questione del pudore, che sembra una brutta parola al giorno d’oggi eppure fa parte di me in modo consistente e non me la sento di rinnegarlo. Mi troverei snaturata, brutta brutta sensazione. Il pudore mi impedisce di ficcare il naso nell’intimità delle persone. Le mie domande si fermano ben prima del limite consentito, preferisco ricevere una confidenza che forzare la mano e invadere territori privati. Violare le persone non è contemplato nel mio DNA.

Va da sé che tendo a fidarmi. Voglio dire che non indago, non mi infogno in pensieri sospettosi a meno che non mi si renda evidente la menzogna. Quindi affronto la situazione e chiarisco. Non guardo senza essere guardata, è un gioco vigliacco che non mi diverte.

Tutto questo fa di me una persona con poco appeal, me ne rendo conto, ma me ne frego bellamente. Il rovescio della medaglia è: se vengo spiata, e me ne accorgo, si salvi chi può.

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