(753) Origine

Ci sono dettagli di mondi che ti porti dentro da quando nasci. Ti vengono passati dritti dritti nel DNA dal luogo che ti dà origine. Non è che fanno parte di te, troppo facili da eliminarli sarebbero, sei tu che fai parte di loro e loro non ci pensano neppure a lasciarti andare pertanto ci nasci e ci muori insieme. Spaventoso.

Anni e anni di terapia non bastano a liberarti, noi lo speriamo perché ci piace essere i soggetti (protagonisti) della nostra vita e non oggetti della vita di qualcun’altro o qualcos’altro, ma prima ci rassegniamo e meglio è. Per questo particolare da nulla, se nasci tra le montagne loro ti seguiranno ovunque anche se ti trasferisci a vivere in una spiaggia su un atollo sperduto in mezzo all’Oceano Pacifico. Stessa cosa se sei nato in quell’atollo e ti trasferisci sulle Dolomiti, sei fatto d’acqua (più del 99% oserei dire, senza voler togliere lo scettro dell’idiozia a nessuno) e non ci puoi fare nulla.

Non si tratta solo di un’immagine che ti porti dentro, magari fosse così, è proprio un preciso codice strutturale che ti tiene non solo in piedi ma anche insieme. Non ti permette di scollarti, di frantumarti in pezzettini e volare via. Se vogliamo allargare un po’ la prospettiva possiamo tirare fuori la questione de “italiani-mafia-pizza-e-mandolino” che ho toccato con mano quando vivevo all’estero. Perché se a noi dà fastidio, giustamente, dà fastidio perché siamo proprio questa cosa qui. Urticante, sì, ma questa cosa qui. Altrimenti odieremmo la mafia, odieremmo la pizza, odieremmo il mandolino. Invece noi cadiamo perennemente in atteggiamenti omertosi (in ogni settore in cui agiamo incontriamo questa dinamica malata e violenta), ci nutriamo di pizza pure tutti i giorni (potendolo fare) e amiamo la musica melodica (anche quella che ti rendi conto che è inascoltabile, ma tu ci ricadi e canticchi quella roba lì appena sei sovrappensiero anche se sei un batterista thrash-metal).

Ci fa schifo questo quadro vero? Eh. Quindi cerchiamo di cambiarlo, ci allontaniamo da questo concetto maledetto quando siamo qui al sicuro nella nostra bella, e sottolineo bella, Italia. Appena ci allontaniamo, però, ci struggiamo per poter mangiare una vera pizza napoletana, e ci vengono i capelli dritti quando ascoltiamo musica melodica del luogo che ci accoglie perché non sono i nostri suoni (anche se siamo ancora batteristi thrash-metal) e non riusciamo ad accettare altri meccanismi mafiosi gestiti diversamente dal nostro, che conosciamo bene e con cui abbiamo imparato a scendere a patti. Cosa facciamo quindi? Creiamo in giro per il mondo una piccola Italia: Little Italy everywhere!

Fa schifo tutto questo? Eh. Eppure è così che funziona. Funziona per noi, funziona per i francesi, per gli inglesi, per i tedeschi, per gli spagnoli, per gli americani, per i giapponesi, per i cinesi, per gli indiani… devo continuare? Non riusciamo a lasciare nella nostra terra d’origine le tradizioni, la cultura, la mentalità perché siamo una parte di quel mondo e non possiamo staccarci da lui che è – in tutto e per tutto – noi. Neppure se ci facessimo monaci tibetani. NON funziona. Semplice.

Mi piacerebbe moltissimo che questo semplice concetto venisse preso per buono quando si parla di integrazione perché non si tratta di cambiare le radici di un Essere Umano, di snaturarlo, di farlo diventare altro. Si tratta di inserire pezzetti di altri mondi in un contesto che è chiaramente un’altra cosa, un altro mondo. E siamo ben poco evoluti per saperlo fare, siamo davvero ancora come preistorici che usano la clava per risolvere le situazioni fastidiose e pensiamo, totalmente privi di senso pratico, di essere aperti al mondo. Prova a mangiare un piatto di pasta al ragù preparato da un pakistano e vedrai se non ti viene un nervoso che glielo tireresti in faccia il piatto. Non siamo pronti. Possiamo però cucinare noi un piatto di pasta al ragù al nostro ospite pakistano e, secondo me, si leccherà i baffi e ce ne chiederà ancora (rispettando noi e la nostra cucina).

Ho spinto al limiti ogni elemento di questo post perché eufemizzare fa parte del raccontare, ma sotto sotto sotto – pensiamoci bene – è quello che stiamo vivendo: un gran caos di etnie diverse che portano in giro i loro mondi sperando di non perdersi. Se togli a un Essere Umano le sue radici volerà via con l’Anima in lacrime. Lo sanno bene i Nativi Americani, gli Aborigeni, gli Innuit e tutti i popoli che ora stanno ritornando a casa per non morire nel vento. Abbiamo ucciso tanto, vediamo di non uccidere tutto. Per favore.

 

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(675) Pizza

Credo che la nostra lingua sia la più bella in assoluto, credo anche che sia la più pazza in assoluto. Mettiamo il caso della pizza: è una delle meraviglie culinarie di cui tutti vanno matti eppure se dici di qualcosa o di qualcuno che è una pizza significa che ti annoia e quando molli una pizza a un cafone lo fai per tenerlo al suo posto. Follia.

Mi domando come possiamo pretendere che arrivino da noi persone di altri continenti e che possano capirci o capire come far funzionare l’italiano tanto da destreggiarsi nel loro quotidiano senza tentennamenti. Follia.

Diamo per scontato che è molto probabile che il giapponese o l’hindi o il senegalese o l’innuit sia altrettanto complicato che l’italiano, se andassimo da loro adottando la loro lingua ci ritroveremmo come dei bambini balbettanti.

E la lingua che parli significa chi sei, da dove vieni, che cosa hai imparato e come lo hai imparato, significa un suono diverso e un respiro diverso, significa costruire pensieri con una logica che è il frutto della tua terra e dei geni che ti hanno lasciato in eredità. Significa tanto, significa tutto.

E noi, noi che abbiamo questi suoni e il lascito di bellezza e arte che ci invade ogni cellula, noi ci permettiamo di manomettere e sbeffeggiare la nostra lingua. Ci permettiamo di ridurla a rumore, a verso animalesco, a immondezzaio dove svuotare la pochezza dei nostri neuroni. Lo facciamo parlando e lo facciamo scrivendo. Pensiamo che quello che abbiamo ricevuto sia roba da poco, che si possa buttare o reinventare soltanto perché la pensiamo una pizza.

Bhé, comunque sia la pizza va bene in ogni stagione e in qualsiasi versione e soprattutto la pizza mangiata nel nostro Bel Paese è la Regina. E con questo ho finito di delirare anche per stasera. Buonanotte.

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