(883) Tranquillità

Non è che è gratis, te la devi proprio guadagnare. Costruirsi uno spazio dentro di noi dove poter stare tranquilli è cosa di pochi. Lo devi proprio volere con tutte le tue forze e lo devi anche saper difendere e riconquistare ogni volta che ti viene espugnato. Sì, è una guerra. Ma il premio è la tranquillità. A conti fatti ne dovrebbe valere la pena.

Devi però ricordarti come si fa a stare tranquillo. Cioé, a forza di combattere prendi quell’abitudine e ti vien difficile anche solo immaginarti in uno stato rilassato – che assomiglia molto alla pace interiore. Ti rimane dentro quella cosa che ti soffrigge lo stomaco, stai in una sorta di guardinga allerta, ti aspetti da un momento all’altro che la tua tranquillità venga presa d’assalto da un nemico qualsiasi. Il più delle volte è così, quindi il nemico vince anche quando non c’è o quando è lontano o quando ancora non si è accorto di te. Assurdo.

Sì, l’abitudine alla guerra è una bestia maledetta.

L’unica cosa da fare è rimanere concentrati sull’obiettivo: rimanere tranquilli nonostante la maledetta imperversi in ogni dove. Un modo per proteggere il fortino è di non farla entrare in casa. Prevenire è meglio che curare (sarà poco originale ma è sempre vero). Ci sono situazioni che sai già ti manderanno a remengo tutto, lo sai già. Ecco, tirarsi indietro, girarsi dall’altra parte, in questi casi ti salva dalla catastrofe. Non apri la porta all’Apocalisse. La saluti dallo stipite e te ne torni dentro. Semplicemente.

Qualcuno se la prenderà a male? Pazienza. La vita è difficile per tutti. 

Il pericolo è che, a forza di combattere, tu stesso inizi a pensare che la vita sia tutta lì. Se cadi in questo black hole tutto quello che ti accade si trasformerà in un’impresa sfiancante, senza neppure che tu te ne accorga. La prendi male già da prima, la vedi già come una cosa che ti rovinerà le giornate, la vivi male a prescindere. Questo, la bestia maledetta, può fare. Bisogna farci attenzione.

Detto questo: mi sto aggrappando alle mie parole per ripristinare in me un approccio sano all’esistenza. Una guerra maledetta contro il già vissuto e il già visto che mi si è tatuato addosso negli anni.

Ecco, ci sono ricascata: non sei in guerra, diamine, non sei in guerra Babs!

 

 

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(771) Fessura

Solitamente il mondo non mi appartiene. Questa affermazione risulta più precisa della solita “io non appartengo a ‘sto mondo” perché è ovvio che se il mondo non ti vuole è facile non appartenergli. La questione, invece, che è il mondo a non appartenermi è già meno ovvia. Mi piacerebbe non fosse così, ma è un dato di fatto che ben poco al mondo mi appartiene, tutto intero mi riesce del tutto impossibile.

Guardo quindi dalla fessura ciò che vorrei fosse mio. Mio mio mio. Proprio il significato che un bimbo dà al possessivo di prima persona: mio.

Una cosa quando è tua te la vivi meglio, specialmente se te la sei guadagnata perché apprezzandola non la vai a sprecare. Non si pretende di averle gratis le cose, soltanto di averle prima o poi. Certo che si cambia idea, certo che le cose che non hai sembrano più luccicanti di quelle che hai già, certo che l’avidità è una brutta bestia, certo che chi troppo ha nulla stringe, certo che c’è chi non ha nulla eppure è felice, certo certo certo. Non sto qui a discutere l’ovvio, sto solo valutando questa prima frase che mi è uscita e che non sapevo di avere:

“Solitamente il mondo non mi appartiene… “

Perché sto sempre fuori assetto, in un modo o nell’altro, perché anche quando sono presente è come se fossi altrove in una parte seppur remota del mio cervello, perché c’è sempre un qui o un lì che mi sfugge e che alla fine lascio andare senza ripensamenti o struggimenti sparsi. Lo so, sono alla frutta. Mi sto lamentando di che cosa? Cosa diavolo sto dicendo?

Sto solo dicendo che solitamente il mondo non mi appartiene, solitamente. Eppure nei due/tre nanosecondi in cui invece lo fa, consegnandosi senza combattermi… ecco, io me ne accorgo. Me ne accorgo ogni volta, ogni volta. Sempre con meraviglia, sempre grata. Come oggi.

Alleluja!

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(473) TED

Come ho trascorso le notti negli ultimi weekend? Ascoltando persone interessanti condividere le proprie esperienze professionali, e anche private, sopra un palcoscenico con una platea attenta e interessata.

Sono immersioni che faccio da molto tempo, credo siano già tre anni, e ho ascoltato un migliaio di conferenze, delle più disparate, e non sono mai stata delusa. Ho sempre ricevuto qualcosa su cui riflettere, qualcosa da utilizzare, qualcosa che mi ha resa più viva. Amo ascoltare storie, almeno quanto amo raccontarle. Funziono così.

Quelle persone che ho conosciuto attraverso il web non le avrei mai potute incontrare semplicemente camminando per strada, così per caso. E mi sarei persa un tesoro immenso. Mille volte mi sono soffermata a riflettere su quanto avrei voluto parlare con questo o con quello e invece niente, troppo lontani da me, alcuni letteralmente inarrivabili.

L’incredibile patrimonio di conoscenza che l’Umanità ha accumulato fino a oggi deve fluire, deve raggiungere tutti, deve essere alla portata, deve essere curato e protetto, deve essere alimentato, deve essere ampliato, deve essere approfondito, deve essere libero, deve essere libero deve essere libero. Libero e gratuito.

Perché qualcosa di buono dovremo pur lasciarlo alle Anime Pure che stanno nascendo e che dovranno sobbarcarsi tutto questo casino che siamo stati capaci di combinare senza porci domande, senza intestardirci a trovare soluzioni efficaci, senza prendere a cuore le cose importanti, senza farci scrupoli perché tanto prima o poi morirò e chissenefrega.

I bimbi continuano a nascere, però, e il chissenefrega non è più contemplato. Chiaro?

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