(853) Quattro

L’ho sempre sottovalutato. Ho i miei numeri preferiti, tra questi non c’è il quattro. Mai stato. Oggi, valutando meglio la questione, un po’ mi dispiace. Voglio dire, il quattro è un numero piuttosto importante, usato in svariati modi. Fare quattro passi. Fare quattro chiacchiere. Farsi in quattro per qualcuno. Una cosa da quattro soldi. Ci sono soltanto quattro gatti. Fare il diavolo a quattro. Spaccare il capello in quattro. Litigare per quattro soldi. Fare quattro salti. In quattro e quattr’otto. E potrei continuare ancora a lungo, ma penso non serva.

In poche parole, il quattro è un signor numero.

Ci sarebbe da fare una ricerca su ‘sta cosa. Eravamo in quattro gatti, perché non tre? Il tre è molto più fashion, insomma lo si è usato in ogni salsa e di lui si è abusato un bel po’ in tutte le religioni e filosofie. Forse non volevano esagerare. Non lo so, a me sapere le motivazioni di certe scelte mi sembra importante. Qualcuno al mattino si sveglia e prende una decisione. Ok, metti che quella decisione ti coinvolge tuo malgrado. Tu non glielo chiedi il perché è arrivato a quella conclusione? Devi chiederglielo. E lui ha il dovere di dirtelo. Senza saltare nessun passaggio. Senza buttarla in vacca soltanto perché sa che non è una motivazione forte. E se lo fa, se tenta di farti fesso, devi bloccarlo e fargli sputare la verità. Non sarebbe sacrosanto? Ecco. Secondo me, lo è. 

Ora, lasciamo stare il quattro a cui devo le mie scuse, anche se ignoro bellamente cosa ci sta sotto (ma indagherò), veniamo a chi non dà spiegazioni delle proprie prese di posizione perché non ne ha. Vive alla cavolo, così come viene, prendendosela con tutti per la sua infelicità. Ok. Per quanto mi riguarda le opzioni sono due: o ti prendi quattro calci in culo e inizi a curarti, o ti prendi quattro anni sabbatici e te ne vai in Siberia dove la vita ti insegnerà le buone maniere. Pensate che bello: tutti i villani fuori dalle palle. Così in un colpo solo. Certo, la Siberia sarà un po’ trafficata, ma non per molto, si prenderanno a cazzotti tra loro e qualche legge dell’evoluzione si farà partecipe della soluzione.

Quattro anime tenute in ostaggio in una barca.

Quattro anni in Siberia per questi aguzzini è poco.

 

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(744) Riserva

Oggi – dopo millenni, e non scherzo – ho viaggiato in riserva. Nel senso che per un guasto elettrico non mi si apriva lo sportellino e non potevo fare benzina. Ho viaggiato in riserva finché ho raggiunto un meccanico che mi ha gentilmente risolto il problema – santo subito. Quando sono riuscita a fare il pieno mi sono sentita così leggera che pensavo di averlo fatto con l’elio. Non sto scherzando.

Ecco, usando questo evento come simbologia, credo di essere in riserva. Sto viaggiando usufruendo degli ultimi grammi di neuroni rimasti svegli. Manco di sonno da decenni ormai. Non riesco a dormire e dipende da tutto, ma proprio tutto: dai rumori, dalla luce, dal caldo e dal freddo, dai pensieri, dalle ansie, dal mal di schiena, dai gatti, da-dio-solo-sa-che-cosa…

Manco disperatamente di sonno e quando tutto tace, quando potrei dormire, quando quando quando… sto qui alla tastiera a scrivere. Sarò assurda o cosa? Mah.

La questione è che il mio essere in riserva e comunque filare, prima o poi, lo pagherò caro. Vorrei evitarlo, dovrei dormire. Per esempio adesso. Dovrei smettere di scrivere e buttarmi nel letto e piombare istantaneamente nel sonno più profondo che c’è. So già che non succederà, eppure ci spero.

Tutto questo è partito dal concetto di essere-in-riserva-sparata e quindi in totale ansia isterica e riuscire a raggiungere un distributore per risolvere il problema e sollevarsi fino al cielo per lo scampato pericolo. Sarà banale, ma è da stamattina che ci sguazzavo in quest’ansia maledetta e questa cosa m’ha segnata. Credo che non chiuderò mai più lo sportellino e che non partirò mai più con meno di 50 euro di benzina in serbatoio e che porterò l’auto ogni mese a fare un check e che… No, davvero, non posso credere al culo che ho avuto. Impressionante.

Buonanotte a chi può dormire e ancora di più a chi non può.

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(162) Farfalle

Per un periodo della mia vita non troppo lungo, io ho odiato le farfalle. Mi ero accorta a un certo punto della mia adolescenza che erano insetti. Prima non ci pensavo, poi mi sono soffermata sul dato di fatto e ho provato ribrezzo. Gli insetti solitamente mi fanno ribrezzo. Se per alcune specie (mosche, zanzare, formiche…) ci passo sopra per non trasformarmi in un’isterica a tempo pieno, per altre lo schifo ha la meglio. Con le cavallette, per esempio, ma limitatamente anche con i ragni. No, non è paura, è proprio schifo.

Detto questo, amando a dismisura il mio giardino, ci ho dovuto fare i conti: non sono l’unica che lo ama.

Grazie al fatto che ho un giardino, ho ricominciato a guardare le farfalle senza pregiudizio. Mi limito ad ammirare le loro ali dai colori e arabeschi incredibili e fine. Quando, al National Museaum of Scotland di Edimburgo, sono arrivata al reparto farfalle spillate (ce ne sono un’infinità, tutte diverse, dalle più piccole alle più grandi) ho avuto un bel po’ da combattere nel mio cervello. Alla fine hanno vinto loro: sono uno spettacolo.

Oggi mi sono accorta che non vedo l’ora che arrivi primavera, perché il mio giardino si popola di farfalle bianche e multicolori che svolazzano silenziose e imprevedibili da un angolo all’altro incantando tutta la famiglia, gatti compresi.

Non lo so, mi sembra una cosa bella. E le cose belle sono sempre un dono.

 

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