(1014) Amarezza

Che colore ha l’amarezza? Un brutto colore, verrebbe da dire. O forse è il miscuglio di tanti colori, messi alla rinfusa, che si fondono e si confondono e perdono i propri confini. L’occhio scombussolato non capisce più nulla e ti schianti sul divano aspettando che ti passi.

Ma non passa.

Bisognerebbe trovare una cura per debellare questo maledetto sentimento, ma essendo tale non è labile, rimane ancorato in te e ci resta. Testardo, sordo e bastardo. La chimica non lo scalfisce, la meditazione gli fa il solletico. Il bastardo non molla. È un sentimento, è lì per restare.

Allora bisognerebbe agire contro tutto ciò che ti suscita amarezza, combattere contro chiunque, e qualsiasi cosa, osi aprire in te quella finestra maledetta che non si richiuderà mai, nonostante il tempo e le tempeste. 

E l’amarezza non ti fa piangere, non ti fa urlare, non ti fa sfogare, non ti fa sputare il dolore. Ti consuma. Punto.

Certo che ci può mettere una vita a farlo, ma lei ha tempo perché si mangia il tuo tempo e non si fermerà. 

C’è un modo per rallentare l’inesorabile processo? Sì. Riderle in faccia. Si fa fatica, ma si può. Ridere di quello che è stato e di quello che è. Ridere di quel che se ne è andato e di quello che non se ne vuole andare. Ridere di te. Che ti lasci incastrare da un sentimento da niente, nato chissà perché e cresciuto chissà come, e che pensi sia più forte di tutto. Ma che forte non è.

Tu sì, invece. Sei ancora qui. Giusto?

 

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(375) Lisergico

Rifuggo per natura tutto quello che chimicamente può spingere oltre le mie sinapsi. Ho sempre avuto la sensazione che basterebbe una spinta un po’ più forte e per me non ci sarebbe ritorno. Credo anche che rientrare in una realtà/gabbia dopo che ti sei fatto un bel volo sia il modo migliore per non voler più ritornare in quella gabbia. In poche parole: accetto la mia condizione e cerco di fare tutto quello che posso per non morire soffocata. Per esempio, scrivo.

Non giudico chi vola al di là di se stesso usando metodi pericolosi, penso soltanto che non ne valga la pena. La vita reale non fa schifo, a meno che tu non voglia solo vederla e viverla nei suoi momenti peggiori.

Ho fatto scelte diverse da molti miei coetanei, né migliori né peggiori, e nel bene e nel male mi posso prendere tranquillamente tutte le responsabilità del caso. Ero in me, non ho giustificazioni. Ero in me, non ho meriti pazzeschi. Ero in me e ho sperato che bastasse. Molte volte non è bastato, essere me non è il modo migliore per raggiungere risultati esorbitanti. Essere Einstein sicuramente sì.

Tutto questo pensiero grottesco m’è uscito da non so dove, forse da un commento che spesso ho colto di qua e di là riguardo a quanto faccia bene questo e quanto faccia male invece quello (marijuana vs alcool) e io non so mai se posso dire quello che penso oppure no, perché ogni volta che estrinseco il mio modesto pensiero qualcuno si incazza e mi dice che sono una bacchettona. E a me la marija mi fa vomitare e la grappa mi fa sputare i polmoni, non ci posso fare niente.

Mi domando, però, perché se sono in una stanza – sobria tra ubriachi – devo essere io quella che si scusa. Sicuramente sono io quella che se ne va. Ma senza rancore, solo un po’ perplessa su come le cose si ribaltino in fretta e io riesca a finire sempre con il culo per terra.

C’est la vie.

 

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(253) Chimica

È quella cosa che anche se non la conosci, anche se la eviteresti, anche se non ne vuoi sapere… c’è. È parte di te, funziona a prescindere da tutto. Ti sorregge o ti sotterra, ti asseconda o ti si oppone, ti fa spaccare tutto o ti fa in pezzi. Dipende da come funziona e dipende da te controllare che funzioni bene.

A un certo punto della mia vita ho deciso che dovevo saperne di più. Ho iniziato a leggere e ad approfondire il discorso, pensando che una volta capito avrei gestito meglio le cose. Ecco, mi sbagliavo.

Non è che capisci come funziona la chimica del tuo corpo e lo gestisci meglio. Funziona, invece, che riesci appena appena a capire cosa ti sta succedendo riconoscendone certe dinamiche, e prendendo atto delle conseguenze dirette scatenatesi nella tua mente e nel tuo corpo.

Io, maniaca del controllo, mi sono arresa. Non voglio più controllare nulla. Mi arrendo alla chimica, mi arrendo alla vita, mi arrendo al flusso d’energia che comunque mi sovrasta.

Anzi, no: mi affido. Meglio.

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