(616) Giotto

Disegnare una perfetta circonferenza senza bisogno del compasso. Questo sapeva fare Giotto, fin da piccolo. Credo sia quello che io sto cercando di fare con la mia vita, fin da piccola. La similitudine si conclude qui.

Se faccio una cosa tento di farla al meglio, dev’essere bella oltre che utile. Nove volte su dieci fallisco, non è mai bella quanto mi immaginavo né utile così come avrei voluto. Non importa, sarà per la prossima volta.

Eh! Magari. Magari riuscissi ad asciugarmela così, la prossima volta, pazienza. Naaaaaaa. Io ci rimurgino, mi mortifico, mi autoflagello, e dopo aaaaaaaaaaaaanni (forse) dimentico. Mai totalmente, solo quel tanto per rendere le cose un po’ più confuse e le recriminazioni un po’ meno fondate. Stemperato dalla memoria, il ricordo lascia spazio a giustificazioni e aggiustamenti, così diventa più sopportabile.

No, non sto parlando di grandi fallimenti, ma anche di cose piccole. Davvero, dico sul serio, anche una cosa che nessuno si potrebbe mai ricordare – ma io sì – e di cui tutto il mondo se ne frega – ma io no – per me diventa motivo di martirio. Qualcosa in me non funziona come dovrebbe, non so cosa, ma è evidente.  Riesco a rendermi la vita un inferno per ragioni inesistenti… ma perché?!

Forse l’ambizione di essere una Giotto contemporanea è un pretesto per darmi le martellate sulle nocche… cavoli. Fosse così sarebbe terrificante.

Non voglio saperlo, voglio solo concentrarmi sul fatto che la circonferenza perfetta a mano libera è l’estrema Bellezza. Un viaggio del tratto che si compie senza incidenti, senza impedimenti, senza indecisioni. Il tempo di un respiro, neppure troppo lento, e lì sotto ai tuoi occhi, sotto la punta della matita… la Meraviglia.

Diamo per scontato che incidenti, impedimenti, indecisioni e vari casini sparsi stanno facendo del cerchio della mia vita una cosa ben poco perfetta e non del tutto bella. Diamo per scontato che se riuscirò a riportarmi nel punto in cui tutto è iniziato, molto probabilmente, non me ne accorgerò neppure. Diamo per scontato che mi gestirò ogni respiro in modo scellerato – apnee, rantoli, singhiozzi e quant’altro – e avrò sempre troppo poco fiato o talmente tanto da andare in iperventilazione e schiantarmi a terra.

Va bene, ma almeno le buone intenzioni le ho mantenute. Non era affatto scontato. Per niente proprio.

 

 

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(547) Assonanza

Richiede un piccolo sforzo, a volte un grande sforzo. Spesso te lo vuoi proprio evitare perché sei sicuro che non ti porterà a niente. Altre volte tenti, magari non troppo convinto, e quanto ti accorgi che ne è valsa la pena ti sembra quasi un miracolo. Perché, in realtà, è un miracolo.

Come si potrebbe definire in altro modo quello che accade quando riusciamo a entrare in accordo con un altro Essere Vivente?

Diamo per scontato che siamo tutti avvoltolati su noi stessi, incomprensibili non solo per chi ci incrocia, ma anche per chi ci sta accanto. Incomprensibili persino per le nostre povere affaticate sinapsi! Siamo isole, soltanto isole, e diamo per scontato pure che, anche se ci lamentiamo, ci va bene così perché ci evitiamo la fatica di esporci, di offrirci, di tenderci verso chiunque – è così, inutile negarlo. Ebbene, dato tutto questo, quando qualcosa accade dentro di noi e ci proietta anche solo per qualche istante in un’energia che non ci appartiene, non per devastarla ma soltanto per incontrarla e creare un contatto, si esplicita un piccolo grande evento che potrebbe rimanere unico nel suo genere, quindi: un miracolo.

Ho scoperto nei miei anni di contatti riusciti e fallimenti epocali, che è possibile entrare in assonanza con chiunque. Se non ti riesce è perché non ti interessa abbastanza. Affermare e ammettere che non ti interessa abbastanza per provarci è un ottimo punto di partenza per evitare nascondimenti imbarazzanti.

Se una persona non mi piace, non mi passa neppure nell’anticamera del cervello di entrare in accordo con lei. Amen. Molto probabilmente a lei non interesserò io e il cerchio si chiude. Allora focalizziamo l’attenzione sul perché una persona non mi interessa, ecco, qui le cose si fanno ben più intriganti. Solitamente una persona non mi interessa quando è aggressiva e becera, due caratteristiche del tutto respingenti per quanto mi riguarda. Se una persona di questo tipo mi sta vicino entro in modalità fastidio, si amplifica l’energia dissonante e mi allontano.

La mia giornata è fortemente segnata dalle assonanza e dissonanza di cui mi faccio tramite. Un fardello che, anche se pesante, mi ricorda che posso fare qualcosa per migliorare la mia giornata. Deve soltanto interessarmi abbastanza per farlo.

Amen.

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(295) Intelligenza

Di tanto in tanto mi imbatto in persone davvero notevoli. Di grande intelligenza, che per me significa avere la capacità di inserire il proprio pensiero nel mondo creando connessioni illuminate. Ne ho incontrate molte di persone così, parlare con loro è stato sempre un piacere, un piacere da far durare quel tanto che basta, però.

Dico questo perché l’intelligenza, purtroppo non è tutto, deve essere coadiuvata da una buona dose di sensibilità verso il mondo – più che verso se stessi. Certo, tutti si reputano sensibili (e anche solari, ci mancherebbe) quando si presentano agli altri, ma la sensibilità quella vera tace. Si fa scoprire, non si mette in vetrina.

Ecco: l’intelligenza quella vera è morbida, è gioiosa, è calda. Può esserlo in misura diversa a seconda di chi se la porta a spasso, ma credo fermamente che sia così. A questo punto, per chiudere il cerchio, posso affermare di aver incontrato molte persone con una spiccata intelligenza, ma che ne conto veramente poche capaci di incantarmi e convincermi e con cui vorrei parlare per sempre senza mai stancarmi.

E a quelli che possono vantare una certa intelligenza intellettuale e mancano di anima sensibile posso solo dire che: pensare di approfittare della buonafede di qualcuno solo perché ti ritieni più intelligente (sottostimando enormemente gli altri e sovrastimando paurosamente te stesso) dà la misura di quando la tua intelligenza sia tendente allo zero, nonostante il tuo Q.I. certificato.

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(243) Cerchio

Quando il cerchio si chiude fai un bel respiro profondo e di’ grazie. Perché il cerchio prima o poi si deve chiudere e la gratitudine è un modo perfetto per affrontare il fatto che si è chiuso.

Il nuovo cerchio sarà nuovo, bada bene. Non un duplicato, non una replica. Nuovo.

La nostalgia per il vecchio cerchio è cosa tenera, ma deve restare sentimento lieve e non premessa per riaprire quel che si è chiuso.

L’ho scritto perché so che ogni volta ci casco e ‘sta cosa deve finire. Ne ho abbastanza.

DI-SCI-PLI-NA della nostalgia, ecco una materia che devo approfondire se voglio fare un salto quantico. E lo voglio, santiddio.

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