(603) Cromatico

La storia delle sfumature è stata ufficialmente sputtanata da un qualcuno senza rispetto per il buongusto (50 + 50 + 50 = 150 stronzate in 1000 pagine è davvero un record, gliene do atto), quindi inevitabilmente se parlo di colori devo evitare di far riferimenti fuorvianti, ci proverò.

Ogni cosa che mi riguarda è questione cromatica, io che viaggio di bianchi-neri-grigi,  e spesso di neri-e-basta, mi sono scoperta essere piuttosto sensibile ai colori. In certi momenti avere davanti agli occhi un verde acido o un giallo (giallo? GIALLO? Giallo!) mi comporta uno svarione emotivo imbarazzante. 

La percezione visiva dei colori, per me, è un barcamenarmi tra nausee e vertigini che mi offende. Davvero. Cavoli, ma perché? Perché ogni volta che vedo una persona con una t-shirt giallo canarino mi manca l’equilibrio? Una gonna rossa a pois viola, una camicia blu a righe verdi, un cappellino fucsia con elefanti azzurri… non lo so, mi parte l’embolo.

E mi rendo conto di essere un caso patologico, mi rendo conto che non tutti possono girare in stile Morticia Addams, mi rendo conto di tutto, ma…

Il Cielo è azzurro in tutte le varianti possibili ed è sempre una meraviglia…

I boschi, i prati, gli alberi, le piante sanno essere verdi in modo spettacolare e inimitabile…

I fiori, cosa si può dire dei fiori? Ogni gradazione di qualsiasi colore è una gioia e un piccolo stupore per gli occhi e il cuore di chiunque…

I marroni e i beige della terra sanno essere perfetti in ogni luogo del pianeta… 

E l’arcobaleno? Devo proprio commentarlo?

E vogliamo passare alla fauna? I giochi cromatici delle piume degli uccelli e dei loro becchi, i rettili, gli insetti, i mammiferi e gli ovipari… ma dai, siamo seri, non c’è competizione!

Siamo più morigerati nell’uso dei colori, fratelli e sorelle… ve ne prego.

Sigh.

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(438) Viola

La mia fissa, lo ammetto. Sono ormai anni – tantissimi anni – che tutto ciò che è viola ha su di me un effetto calamita. Più che altro ipnotico, se devo proprio trovare il termine giusto. Se l’oggetto in questione è inutile, o non mi interessa per nulla, non importa, gli do sempre un’occhiata o due perché non si sa mai. Se per scegliere qualcosa che mi serve ho diverse opzioni di colori (anche tutto il Pantone) io scelgo il colore che si avvicina di più al viola. E ci sono tonalità pazzesche, ci sono tinte incredibili che proprio dal viola prendono il volo… tutte bellissime.

Non lo so il perché, non me lo sono neppure mai chiesto – credo sia fondamentalmente idiota chiedermelo, c’avrò pure i miei motivi inconsci no? – eppure oggi guardandomi il nuovo Ultra Violet del Pantone (che trovo adorabile, ça va sans dire) mi sono chiesta: dove ti sta portando?

Ecco, la storia sta tutta lì. Dove mi sta portando questo Ultra Violet? Che viaggio mi sta facendo fare? Cosa mi fa immaginare? Cosa mi fa toccare anche se le mie mani restano vuote? Cosa?

E per ogni sfumatura di viola sono approdata in luoghi di pace, di ispirazione, di profonda vicinanza con l’Universo. Luoghi che mi parlano di creazione e di movimento senza sosta, di stelle e di ametiste, di Lune perse chissà dove e di pezzettini che riconosco come miei anche se non ho attestati di possesso.

Non mi succede con il bianco, il nero, il blu (colori che amo), mi succede con il viola. E se un prato viola mi darebbe un po’ il capogiro (poi mi ci abituerei volentieri, temo), è chiaro che le sfumature incredibili del verde che Madre Natura offre mi sanno togliere il respiro. Ovvio. E cosa dire del rosso, del giallo, del marrone… Ovvio.

Ma se devo proiettarmi senza peso e senza vincoli in un luogo e trovare in me la pace, allora deve essere viola. Ultra Violet andrà benissimo. Grazie.

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(305) Albero

Nel mio paese d’origine, piena campagna friulana, c’era una collinetta chiamata: Il Castelletto. Non c’era un castello là sopra, ma una bellissima compagnia d’alberi. Alti e con mille sfumature di verde. Se ti arrampicavi e raggiungevi i primi rami già potevi goderti la vista dei campi di mais e di frumento che si perdevano a distanza.

In mezzo alla collinetta c’era un tavolo di pietra con tre panchine attorno, sempre di pietra, e noi ci mettevamo lì da ragazzini per chiacchierare dei fatti nostri e poi rubare pannocchiette tenere da abbrustolire. Buonissime.

Gli alberi ci proteggevano, ci ascoltavano, ci facevano compagnia con il fruscio delle foglie e lo scricchiolio degli insetti che ospitava. Uccelli e qualche riccio e topi, ovviamente.

Una mia amica li sapeva riconoscere, catalogati per genere e forma delle foglie, la invidiavo moltissimo perché io non riuscivo a memorizzare tutti quei dettagli, dopo un paio di minuti di spiegazione già la mia testa era partita per la tangente immaginando quanta terra avrei visto se fossi stata capace di arrampicarmi fino in cima al più grande di tutti.

Oggi ho un albero tutto mio, è un melograno. Non lo faccio potare da un bel po’, non mi piace l’idea che qualcuno lo possa ferire, ma probabilmente sbaglio punto di vista. Comunque, fa tanti melograni ogni anno (che mangio solo io perché sono asprissimi) e a ogni stagione lo fotografo perché mi sorprende sempre constatare la sua impressionante capacità di mutare veste e restare sempre bellissimo.

Vorrei potessero parlare, gli alberi, sono sicura avrebbero storie pazzesche da raccontare.

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(283) Principe

Ognuno ha quello che si merita, intendo dire il Principe che si merita. Che sia Azzurro, Verde, Rosso, Giallo, Blu, Rosa, Viola, Nero o Bianco, non fa differenza: è sempre un casino.

I peggiori sono quelli totalmente irreali, che diventano un pigiamino troppo stretto per chiunque debba respirare e ci si debba infilare dentro. A un certo punto le cuciture saltano e si scoprono cose che preferiremmo non vedere. Eppure, succede sempre. Un’esplosione di brutte sorprese.

Non ho mai sognato un Principe, piuttosto un Biker – che a voler andare per il sottile potrebbe assomigliare a un Principe, ma con meno credenziali – e mi sono sempre affidata agli eventi della vita. Fatto sta che un Principe non mi è mai interessato, e anche se mi sono chiesta spesso il perché non ho ancora trovato una risposta.

Forse perché alla plastica preferisco la carne, forse perché non ho cucito negli anni nessun pigiamino da far indossare a qualsivoglia pretendente, forse perché ho avuto altro da fare e ho sempre pensato che sono gli incontri e le persone che ti aprono o ti chiudono alla vita.

I Principi sono cose da Principesse e a una Rocker come me quel tipo di romanticismo dà fastidio. Perché ne parlo stasera quindi? Non lo so, stavo solo riflettendo sul fatto che se sei un uomo e vieni continuamente paragonato a un Principe… bé, un po’ di giramento di palle è anche da mettere in conto. No?

W i Bikers!!!

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(254) Bianco

Uno dei miei colori preferiti, il bianco, specialmente d’estate. Il nero? Sempre, assolutamente sempre e da sempre. Il blu è un altro dei miei prediletti. E poi c’è il viola, che chi mi conosce sa che è una fissazione. Non indosso mai il giallo né il verde, sono belli ma non su di me.

Bianco è il mio modo di affrontare la giornata, ci scrivo sopra. Bianco è il mio modo di relazionarmi con gli altri, ci faccio scrivere sopra da loro. Bianco è il mio modo di guardare il mondo, i colori ce li mette lui.

Credo abbia a che fare con la luce, anche troppa, e con la voglia di chiarezza. Ne sono sicura, un tocco di bianco può cambiare la vita. Ed è l’unico colore che non devi usare con parsimonia. Abbondare non nuoce, al massimo rischiara.

Quando un pensiero mi si colora di bianco si disperde. Diventa innocuo. I pensieri innocui sono i migliori, garantisco.

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