(511) Jeans

Quelli dei miei dieci anni, che me li toglievo solo se dovevo mettermi la tuta da ginnastica, erano i preferiti su tutto.

Quelli dei miei sedici anni, sfilacciati e vissuti, da blu a neri perché il rock lo imponeva e guai a chi me li toccava.

Quelli dei miei vent’anni, che ormai manco ci pensavo di poter indossare anche altri pantaloni, quali altri pantaloni? Ma va là!

E poi i trenta e i quaranta… e poi…

Mi sono accorta oggi che sono anni che non porto più i jeans, anni! Non so neppure quanti, ma molti, davvero molti. Troppi!

E da lì m’è partito l’embolo e ho cominciato a farmi una lista di tutte le cose che da anni non uso più, cose a cui non penso più, cose che non ricordo più, e la lista si è allungata. Ma niente di tutto quello che ho scritto in quel foglio mi manca così come i jeans. Mi sconvolge il fatto che io abbia potuto metterli da parte e cancellare quest’infamia dal mio conscio per tutto questo tempo.

Che sia per questo che non mi ritrovo più? Che sia per le cose che amavo e che ho archiviato cancellandone ogni traccia? Trovo che sia una cosa spaventosa, davvero. Come mi sentirei a indossare di nuovo un paio di jeans? Non lo so, non lo so soprattutto perché nel mio armadio non ce n’è neppure un paio…

Miseria!

La lista non la butto ancora, la tengo qui a portata di mano, non si sa mai che un giorno o l’altro mi venga l’idea di recuperare pezzi di me che ho fatto finire in fondo alla cantina della memoria. Sì, lo so che si cresce e che si invecchia, ma c’è un limite a tutto, santiddddio!

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(445) Rosa

Quando scoprii – anni fa – l’importanza dei venti per il nostro pianeta ne rimasi affascinata. Mi domandai perché a scuola nessuno me lo avesse detto, o per lo meno perché nessuno lo ritenesse abbastanza vitale da farcelo tatuare in fronte. Sono un’ingenua, lo ammetto.

Mi capita spesso mentre scopro gli abissi della mia ignoranza, di cui continuo a vergognarmi ma che con gioia cerco di colmare di tanto in tanto, di pensare: “Adesso la mia vita non sarà più la stessa”.  Spesso è così, altre volte me lo dimentico dopo due secondi – ma senza cattiveria, solo perché sono piuttosto rimbambita.

I venti sollevano e mitigano e trasportano e alzano/abbassano e profumano o puzzano – e mille altri verbi che si agitano anche in contemporanea – in poche parole i venti vivono e ci permettono di vivere. Sono la combinazione di tutti i movimenti che ci potremmo immaginare calcolando quanto il nostro pianeta si sa muovere e si muove, e sempre in dosi diverse. C’è da perderci la testa a misurarli e credo che sia per questo che l’uomo abbia deciso di farsene un’idea un po’ più statica – quel tanto che gli permettesse di capirci qualcosa – disegnando una rosa: la Rosa dei Venti.

La Rosa è il fiore Regina, ha centinaia di colori e varianti, ha petali vellutati e profumi tenui o intensi ed è sempre bellissima. Che la Rosa abbia bisogno dei Venti lo si potrebbe anche intuire, ma che anche i Venti abbiano bisogno della Rosa questo mi piace. Non lo so perché, ma mi piace. Non è la verità dei fatti, è una trasposizione romantica del pensiero umano che in qualche modo trova nel mondo il bene che lo riempie e gli rende la vita possibile.

Ho divagato, forse, ma non m’importa perché ho seguito un pensiero che mi concilierà il sonno e mi farà stare bene.

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