(939) Target

Ogni tanto sarebbe bene guardarsi come target del nostro agire. Nel senso che ci dovremmo considerare i destinatari del nostro fare/non fare e pensare/non pensare. Secondo me sarebbe un bell’allenamento. Ci preparerebbe ad affrontare ogni circostanza ci si presentasse davanti.

Quando capita di pensare cose che ci creano degli scompensi, nel senso che non ci fanno stare bene con noi stessi, ecco – forse – è perché non stiamo dando soddisfazione a quelle aspettative che ci siamo fatti crescendo come siamo cresciuti (lo so, un po’ contorto, ma portate pazienza).

Siamo scontenti di noi stessi, ci stiamo deludendo alla grande, ma ce la prendiamo con il resto del mondo. Noi (come target del nostro fare/non fare) siamo insoddisfatti non soltanto del risultato ma – forse e soprattutto – di quello che abbiamo fatto/non fatto per raggiungere quel risultato. Non è la risposta del resto del mondo che ci rende infelici, ma quello che abbiamo fatto/non fatto per arrivare fin lì. Complicato? Solo se lo si concettualizza, non se lo si pensa applicato nella pratica.

Nel mio caso, quando non reagisco con prontezza e mi perdo in elucubrazioni senza senso mi do sui nervi. Il risultato è che non solo perdo mordente nella situazione specifica, ma pure mi innervosisco per essere evidentemente un’incapace. Le aspettative che ho nei confronti di me stessa vanno a franare miseramente e mi incazzo. Con chi? Con il resto del mondo – ovviamente – e con me.

Se mi immaginassi target della mia comunicazione, mi tratterei con più cura. Mi immedesimerei con più partecipazione perché fallire l’obiettivo sarebbe per me insopportabile. Un’assurda iperbole, ma vera più del vero.

In poche parole mi tratto peggio di quel che farei con un cliente che mi chiedesse di occuparmi del suo personal brand. E ho detto tutto.

Sì, dovrei fare le valigie e andarmene da me. Non mi merito affatto.

 

 

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(452) Holiday

Nel lontano1983 Madonna cantava “Holiday — celebrate!” e io ci ballavo come una matta. Adoravo Madonna, la nuova regina del pop – a quel tempo – e avevo 11 anni e il mondo mi sembrava a portata di mano. 

Probabilmente le mie mani sono saponate perché il mondo mi sta scivolando via da ben 34 anni. Una bella costanza, direi, sia da parte mia che mi ostino ad acchiapparlo, sia da parte sua che persevera a scivolarmi via. Tutto questo per dire che penso che risalga al 1983 la mia ultima vacanza vera: a Jesolo con i miei zii, mi immergevo in mare per il 70% del tempo che passavamo in spiaggia, ero nera come il carbone e innamorata di Matteo (di ben 14 anni) che mi pensava una squinternata pericolosa (come dargli torto).

Quella è stata una vera vacanza perché non avevo preoccupazioni, pensieri pesanti, dubbi di sorta… avevo 11 anni santidddddddio, potevo ben godermi la vita innocente che si dovrebbe avere a quell’età. Le quasi quattro vacanze – lunghe due nanosecondi per una – che ho fatto nella mia vita non sono state veramente spensierate, anche se belle, anzi per niente spensierate. Temo di non esserlo più dal 1983, intendo spensierata e leggera, e che questa sia diventata una sorta di maledizione.

Se potessi avere da Babbo Natale un regalo, gli chiederei proprio di farmi trascorrere una vacanza senza pensieri e senza limiti in un luogo da sogno – e che durasse più di una manciata di nanosecondi, se fosse possibile. Non è che chiedo la Luna, vero BN?

Io attenderò domattina, con tutto il mio scetticismo allertato, per accertarmi che il vecchio mi abbia sentita degnandosi di far avverare questo mio modesto desiderio. So benissimo che dovrei cantare Holy Night anziché Holiday, e che dovrei festeggiare la Natività perché tutti son così presi da ‘sta cosa che sembra un obbligo fare lo stesso, ma io me ne frego. Ringrazio come ogni giorno per tutto quello che ho avuto, che ho e che avrò in dono dalla vita perché è giusto farlo, e farò in modo che anche queste feste passino senza troppi danni emotivi – per lo meno non causati da me.

Ok, vado a fare le valigie… non si sa mai.

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