(1015) Cristallo

L’Essere Umano viaggia mediamente su frequenze torbide: difficile capire quello che pensa e le sue intenzioni. Spesso non perché in malafede, semplicemente perché confuso. Questo detto senza alcun tipo di giudizio, mantenendo uno sguardo scientifico sulla faccenda (io scienziata, mi viene da ridere).

Andando oltre, ci sono degli istanti – istanti da nulla  che se non ci fai attenzione scappano via e fan sembrare tutto un’illusione – in cui si scopre la purezza del cristallo che sta alla base di un’Anima. 

Potrebbe essere che lo noti in uno sguardo, in un gesto della mano, in un sospiro, in un voltare la testa o in una parola a cui la voce dà forma magari sopra pensiero. Il cristallo che c’è lancia un luccichìo riflettendo la luce che è nascosta dentro, in fondo. L’ho detto, questione di un istante. Se te lo perdi peggio per te.

Se, però, decidi di farci attenzione mentre interagisci con le persone che ti stanno attorno, potresti essere invaso da raggi di luce che – random – squarciano il tuo momentaneo buio. Per risonanza uscirà anche la tua luce, dal tuo cristallo che tieni ben protetto laggiù nelle tue viscere.

È necessaria una disinteressata disponibilità per far sì che si palesi questa piccola alchimia, è necessaria una predisposizione alla felicità. Credo.

Il cristallo è trasparente, ciò comporta una serie di preoccupanti conseguenze, per questo va tenuto al riparo. Ma al buio non può fare il suo lavoro: espandere la luce per illuminare tutto. È un peccato, vero?

Urge trovare un compromesso, sono d’accordo.

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(82) Rompicapo

Lo sono stata per molti, lo sono stata per me stessa per molto tempo. Non sapevo come prendermi in mano, non sapevo come perché non sapevo cosa e quanto ero. Nel bene e nel male. Nel male e nel bene. Intera (o quasi). Non lo sei mai, intera, finché non arrivi alla fine.

Stasera l’incontro con la scrittura, per parlarne e per capirne di più assieme a quelli che chiamo miei allievi, ma che non lo sono davvero. Né miei, né allievi. Sono persone con cui faccio un pezzetto di strada, alla fine siamo pari. Loro sono allievi miei quanto io sono loro allieva. Equilibrio perfetto.

Dicevo che stasera, come ogni sera di scrittura condivisa, mi sono ritrovata a scoprirmi (di nuovo e ancora) molto più semplice di quel che mi penso di solito. Pecco sicuramente di presunzione, di solito. Non sono un rompicapo, mi penso un rompicapo, ma non lo sono. Sono, in verità, molto semplice.

Ho un inizio, ho una fine e in mezzo c’è la storia. Può essere un po’ intrecciata strana, questo sì, ma non è una trama così barocca né così preziosa. E’ un motivo piuttosto semplice, piuttosto lineare. Chi non se ne accorge è perché mi guarda da troppo lontano. Non mi sto lamentando di questo, no, va bene così, avere tutti vicino mi farebbe dare di matto (sono pur sempre un’introversa convinta, ricordiamocelo) sto soltanto valutando il fatto che non sono complessa come di solito mi penso. Sono più presuntuosa di quello che mi penso, invece. Ali basse, Babsie.

E un bel sospiro di sollievo, anche.

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