(965) Soffio

E in un soffio vedi volare via quel che pensavi di poter trattenere per un po’, non per sempre – perlamordelcielo – soltanto per un po’. Niente da fare. Andato.

E non lo puoi sapere quant’è la frustrazione finché non la vivi. Non c’è modo per trattenere ciò che deve andare. Deve? Vuole, più che altro. È uno scontro di voleri, più o meno espliciti e più o meno consapevoli. 

E anche se trattieni il respiro, anche se fai le mosse giuste, anche se dai il meglio di te, non serve a niente. A niente. E fai presto a dire potevo fare o dovevo fare o potevo dire o dovevo dire o potevo e dovevo non dire e non fare. Perché resti sola con la desolazione che ti si ritorce contro: certo che sei tu la responsabile. Chi altro?

Basta un soffio per prendere tutto quello che sei ora e ridurlo un niente, basta un soffio e anche se lo sai non ci pensi. Ci caschi ogni dannata volta, pensi sempre: stavolta è la volta giusta. Non lo è, forse non è mai la volta giusta per certe persone. Per altre sì, ma questa è un’altra storia.

Quindi ora che un soffio ha spinto lontano da te ciò che volevi tanto e un altro ti ha spinto addosso ogni tua paura centuplicata, che intendi fare?

Forse solo non dire, non fare, non pensare. Per un po’.

E dormire. 

Il più possibile.

‘notte.

 

 

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(101) Radici

Mi sono sempre creduta molto albero. Di fatto, però, ho sempre avuto dentro di me la smania di andare. Percorrere strada (in ogni modo) per scoprire il resto, tutto quello che ancora non ho visto, che non ho ancora conosciuto.

Un albero ha radici che lo sistemano solidamente in verticale e gli danno la forza di alzarsi per raggiungere il cielo. Un albero steso è in pratica un albero morto. Vorrei che nessun albero fosse toccato, è un essere vivente splendido che non sa nuocere a nessuno e allo stesso tempo dona vita con costante generosità. Sto andando fuori tema, però.

Il pensiero da cui sono partita riguardava egocentricamente me. Stavo valutando che, nonostante io non sia un albero, sento forti in me le radici e di nuovo nonostante questo mio sentire mi trovo in perenne smania di percorrere strada. Non valuto neppure la possibilità di ritornare alle mie origini, dove le radici sono radicate, quasi che queste mie radici non siano in verità tanto mie.

Tutto ciò è stordente. Mi sento molto soffione, adesso come adesso. Mi faccio in fiocchi e attendo che un colpo di vento mi trasporti lontano. Lo trovo un pensiero umile (se son passata dall’albero al soffione, ho acquisito una certa consapevolezza del mio stare al mondo, immagino) e allo stesso tempo azzardato (il soffione è uno stato non proprio splendido del tarassaco che a sua volta è un fiore che schifo da sempre).

Eppure, lì nel soffione c’è quella condizione che al momento mi sembra di incarnare perfettamente. Il messaggio subliminale sarebbe: vento, sono pronta.

A volte penso di essere soltanto una squinternata.

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