(1085) Ineluttabilità

Ci sono idee geniali che non concretizzerò mai. Una dura realtà che faccio ancora fatica a digerire nonostante la mia età non più verde. E di idee geniali ne ho almeno una al mese, che appena arriva si prende il mio cervello e lo stressa finché non ne esce con una certa sostanza (in parole, opere o omissioni).

Sono contenta che vengano a me nonostante io sia inabile a render loro onore, ma si dovrebbero prendere la responsabilità di una scelta (caduta su di me) piuttosto discutibile. Comunque, imperterrite, queste idee luminose arrivano, mi colpiscono e poi scemano. 

Alcune le vedo realizzate – dopo mesi o anni – da altri Esseri Umani ben più abili di me, e non mi dispiace perché saperle perse è una sofferenza. Ciò che è geniale (bello, buono, luminoso) non deve essere sprecato. 

Ci sono anche idee meno geniali, ma del tutto dignitose che mi sfrecciano in testa con quotidiana sollecitudine. Le riconosco come tali e del tutto fattibili, ma per qualche oscura ragione (sospetto ce ne sia più di una) non riesco a posarle a terra e fare di loro quel che mi chiedono. Tolto il fatto che sono tante, sarebbe quindi oggettivamente impossibile seguirle tutte e concretizzarle tutte, mi comporta una grande soddisfazione quando riesco a realizzarne una. 

Al momento nella mia testa viaggiano con insistenza (significa che mi sfrecciano davanti agli occhi, in corsia preferenziale su una tangenziale sinaptica che mi attraversa il cervello da est ad ovest) almeno tre maxi-badass-ideas che sto per acchiappare e lavorare. No, non sarà una passeggiata, ma saranno avventure interessanti. 

Stavolta voglio essere chiara: non pianificherò, eseguirò e lascerò che le cose accadano. Se non accadono vorrà dire che ho scelto le idee sbagliate, o quelle giuste che però non portano a niente. Che è ancora peggio.

No, non sarà una passeggiata. Conviene mettersi in cammino o non arriverò mai.

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(1084) Crepuscolo

Scende la luce e scende il giorno che si corica sul selciato aspettandosi un po’ di silenzio. Ma il silenzio parla comunque, specialmente a chi non ha voglia di ascoltare. E il silenzio parla di scelte fatte e non fatte, quelle azzeccate e quelle che sono state un disastro. Le scelte disastrose son quelle che fanno più casino, riducono il silenzio in briciole.

Quindi una sta lì ad ascoltare e si arrende al fatto che i conti non tornano, che dovrebbe stare bene e invece no. E si domanda perché no. E comincia a scandagliare il passato e trova tutte le magagne del caso (siamo tutti pieni di sporcizia nascosta sotto il tappeto che dovrebbe scomparire e invece si sedimenta). E non è che hai sempre voglia di star lì a pulire, è sceso il giorno anche per te e tutta la stanchezza del Creato.

Non si sa il perché, ma è al crepuscolo che la polvere si alza. Aspetta di avere tutta la tua attenzione per materializzarsi davanti ai tuoi occhi che si stanno chiudendo ben sapendo di non poter avere riposo. Le cose si squagliano assieme alle motivazioni e ti rimangono in mano tristi rimasugli di conseguenze. E che te ne farai mai di tutta quella roba? Boh.

La si mette sotto al tappeto, ovviamente. Strato su strato. Potrai mai perdonartelo? Il tuo essere quella delle scelte sbilenche, delle motivazioni da torero, delle posizioni granitiche su pavimenti scivolosi. Potrai mai perdonartelo? Al crepuscolo puoi. Sì, perché ne hai piene le palle di giudicare ogni pensiero e ogni passo che hai fatto nel corso di tutta la tua esistenza e meno male che la memoria ti oscura buona parte del vissuto altrimenti non ne usciresti viva.

Ecco: l’intenzione è di uscirne viva. Una volta focalizzato l’obiettivo si fa in fretta a prendere una direzione e – senza guardarsi troppo indietro – si taglia diritto per di là.

Se’… ti piacerebbe. Dai, non ci credi neppure tu. E smettila di ridere!

 

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(954) Sorso

Un sorso per volta ci si può bere tutto. Ti fai l’abitudine e impari a fare finta di niente. Il primo sorso può essere un bel trauma, ma al secondo sai cosa aspettarti e al terzo entri nell’ottica: ok, così è, vediamo di farci i conti e andare avanti.

Sorso dopo sorso ti convinci che non può essere che così.

Non è vero, è solo una delle scelte, forse quella che ti comporta meno sbattimento. Quelle coraggiose ti impongono un certo rigore e anche se al berti veleno a sorsate preferiresti ubriacarti di libertà, ti adegui.

Scolarsi un’intera esistenza senza soffermarsi a sentirne il sapore per raccontarsi che la vita è sofferenza e fatica, è ridicolo. Una brutta storia, semplicemente una brutta storia. Perché una storia bella, una che funziona davvero, è quella che ha alti e bassi, che ha gioia e sofferenza mescolate insieme, che ha momenti di tensione e altri di pace, che prevede incontri e scontri, salti e rincorse e stop. È ricerca dell’armonia e frustrazione del fallimento, è ballare contro vento e veleggiare nella tempesta. È poesia senza rime, prosa senza senso. A volte, e a volte no.

Un sorso di cielo grigio e un sorso di cielo terso riequilibrano l’umore, gli eccessi fan bene solo se sporadici e di breve durata. Credo. 

E poi il resto si inventa. Sorso dopo sorso.

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(907) Femminile

Un viaggio affascinante quello che ti fa attraversare le età del femminile. Mentre le percorri non te ne accorgi, ma se le guardi alle tue spalle ricomponi un quadro di te interessante.

Non è che mentre cresci ti rendi conto del perché di certe scelte e del come le stai portando avanti, lo fai perché sull’onda della ricerca (tu che ti stai cercando, tu che ancora non sai chi sei) agisci d’istinto oppure scegli per gusto o – quando sei davvero fortunata – nutri la tua visione. La visione che hai di te e che vuoi che si compia.

E mentre lo fai, mentre ti nutri e cambi e cresci e impari e ti riaggiusti, lo fa anche il tuo femminile. Quella vena d’oro che non esiste soltanto perché sei un Essere Umano e sei viva, ma perché sei un Essere Umano Femmina e sei dannatamente viva.

La cosa che ti rende potente – se sei davvero fortunata – è scoprire che non ci sono regole imposte dalla società che possono fermarti. Tu puoi andare oltre. Non ci sono legami che ti possono bloccare. Tu puoi andare oltre. Non ci sono tabù che ti possono schiacciare. Tu puoi andare oltre. E quando impari ad andare oltre non c’è niente che ti possa rendere schiava. Tu sei oltre.

Se sei davvero fortunata lo impari in tempo. Se sei davvero fortunata riesci ad applicarlo alla tua esistenza e a raccogliere i buoni frutti. Se sei davvero fortunata comprendi che quelle scelte e quelle fatiche e quelle ribellioni e quelle cadute e quelle ferite e quelle maledizioni che hai superato, non erano finalizzate alla distruzione bensì alla costruzione.

Se sei davvero fortunata a un certo punto riuscirai a guardarti e a sorriderti perché sai benissimo come poteva finire e sai che ancora non è finita ma che finirà bene. Sei nel pieno della tua femminilità e hai imparato ad andare oltre.

Sono davvero fortunata.

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(685) Compagnia

Essere in compagnia non mi è mai bastato, essere in buona compagnia ha valore per me. Piuttosto da sola che con le persone sbagliate. Essere in tanti mi fa girare la testa, essere in due mi pianta bene a terra. Posso ascoltare meglio, posso conoscere meglio.

Partendo da questi presupposti suono stramba e magari anche sfuggente, a volte. Per chi non sa di me, per chi non si cura troppo di sapere. Una volta ci facevo caso, ora non m’importa più. Nella mia crescita s’è inserito un certo distacco dal giudizio degli altri, gli altri a cui non serve guardare perché già sanno tutto. Beati loro.

E poi, quel essere-in-due che diventa coppia e diventa disegno di vita è una questione che tira in ballo troppe cose. Davvero troppe. Gli incontri nella vita li puoi forzare fino a un certo punto, i sentimenti non li puoi ritagliare per inseguire la moda o per combinarsi meglio con i tuoi interessi. Mi domando spesso se le mie scelte siano state dettate più dal mio volermi bene o dal mio volermi male, la risposta più sincera è che il bene ha finito per vincere su tutto. Era così che doveva andare.

Essere in due per non essere soli non funziona in nessun mondo, in nessun modo, per nessuno. Essere in due per colmare vuoti, per accomodare il quotidiano, per mettersi al riparo da ogni possibile tempesta: ingenui tentativi che preannunciano montagne di sofferenza. Non si mercanteggia con l’Anima, anche se ti sembra di averla convinta, Lei non cede. Tu sì. Se non subito, tra un po’, e Lei lo sa e ti aspetta lì, esattamente dove cadrai.

C’è solo un modo, per me, di immaginare di essere in due ed è quello che in una ipotetica foto mi mostra come sono. E mi mostra sorridente. Non ci sono compromessi, non ci sono preghiere, non ci sono miracoli all’orizzonte. Ci sono gli incontri, e un certo tipo di incontri non sono programmabili. E a desiderarli non si accorciano i tempi, tutt’altro.

C’è una sorta di ineluttabilità in tutto questo che non riesco ad accettare. Credo che il problema sia tutto lì. Maledizione.

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(481) Salvagente

Non so se ci si pensa abbastanza seriamente, in generale, ma credo che dovremmo farlo. Tutti dovrebbero riflettere su che cosa ci fa restare a galla. Cos’è che non ci fa piombare a fondo quando tutto ci viene a mancare?

Se riuscissimo a individuare quella cosa che ha il potere di farci stare su, nonostante ci venga a mancare anche la voglia o la forza per stare su, avremmo la chiave della serenità. Quella cosa lì penserà a me quando neppure io sarò in grado di pensarci. Cambierebbe tutto.

Se guardiamo a quello che abbiamo da quest’ottica, scopriremmo di poter fare a meno dell’80% delle cose che ci circondano – e che erroneamente consideriamo vitali – e concentreremmo le nostre energie su quel 20% che resta e che ha la forza e il potere di farci da salvagente quando la vita si storta.

Ho provato a fare una lista, è una lista breve – spaventosamente breve – e non si tratta di cose bensì di persone. Sorprendentemente, però, in cima alla lista c’è una cosa che fa parte di una persona e quella persona sono io e quella cosa è il mio cervello. Cervello comune, niente di che, ma collegato a un cuore – nella norma, niente di che – e a un “sentire” che vuol dire tutto e al contempo niente, ma che sostiene il resto in modo onorevole.

Tutte le scelte che ho fatto partono da questo presupposto, questo salvagente personale che ha sempre fatto il proprio dovere, in qualsiasi situazione e con tutti i mezzi che aveva a disposizione. Restare a galla ti dà la possibilità di continuare a respirare. Non ho nient’altro da aggiungere.

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(242) Liberare

Un verbo bellissimo: liberare. Liberare se stessi dai legacci (pensieri e situazioni) e liberare qualcuno da noi stessi. Penso sia un gesto estremo d’amore.

Ora che l’ho scritto mi rendo conto con sgomento che è stato il mantra di questi miei anni: liberarmi-liberare.

Non sono attaccata al concetto di libertà, ma a quello di liberazione sì. Ci si libera dai fardelli, dalla zavorra, dal dolore, dal dovere, dal senso di colpa, dalla schiavitù declinata in milioni di modi e tutti diversi e tutti simili. Liberi la voglia, liberi i sogni, liberi l’amore, liberi la crescita… liberi, ovvero lasci andare le cose esattamente come è scritto che debbano andare. Loro sanno dover andare, devi fidarti. Ti viene chiesto di fare un atto di fede, tutto qui.

E quando lo fai e ti riesce bene, allora senti che sei in quell’istante di pienezza che può essere confuso con la felicità. La felicità di aver fatto ciò che era giusto fare. Anche se ti fa male, anche se muori un po’.

Liberare è la chiave. Ne sono certa.

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