(992) Cattiveria

Ci sono diversi modi di esplicitare la propria cattiveria. Quelli più evidenti ti rendono vulnerabile perché puoi trovare sulla tua strada qualcuno che non incassa e tace, ma che ti ripaga con la stessa moneta. E son cazzi tuoi. Le persone che agiscono in questo modo, sconsideratamente e stupidamente, sono le migliori perché le inquadri subito e le puoi detronizzare con poco sforzo e anche per sempre (volendo), evitandole.

Poi ci sono le persone che usano un’astuzia sapiente e spargono la propria cattiveria sugli altri, con mira invidiabile ed efficacia letale, e tu manco te ne accorgi se non quando è oggettivamente troppo tardi. Ok, da queste è davvero difficile difendersi. Se non sei viscido e perfido alla pari, finisci con l’avere la peggio in modo sistematico.

Non ragioniam di lorma guarda e passa (Inf. III, 51)  – Dante Alighieri

Sì, Dante ha ragione, ma ogni tanto ragionare sulle cose ti aiuta a digerire meglio. Non è che a tirare sempre dritto le cose comunque si risolvono e ci sono cose che se non le risolvi in qualche modo ti fanno ingoiare i danni all’infinito. Quindi per oggi ragioniamoci su.

La cattiveria si può trasformare in azione o meno, a seconda dell’opportunità e del coraggio del soggetto in questione di cedere a quel pensiero malefico da cui ha origine. La cattiveria consapevole è quella condizione dove non solo ti ritrovi obiettivamente ad ammettere con te stesso che sei cattivo, ma lo fai con un certo orgoglio perché esserlo ti rende potente. E lo sei, potente. Lo sei non perché più forte degli altri, soltanto perché te ne fotti e agisci senza scrupoli. Questo fa di te un assassino, perché quando uccidi la buonafede delle persone sei a tutti gli effetti un assassino. 

Tu prendi un altro Essere Umano e lo colpisci cercando di fargli più male possibile. Lo fai perché, secondo il tuo metro di giudizio, questa persona non vale niente, questa persona merita di soffrire e la vuoi spezzare in tutti i modi che puoi immaginarti. E ne puoi immaginare mille di modi, in contemporanea, perché l’immaginazione non ti manca. Che questa persona ti abbia fatto o meno un torto, alla fine, non importa, basta semplicemente che per un motivo o l’altro ti stia sulle palle.

Un Essere Umano vero, non tu, quando odia cerca di maneggiare il sentimento per renderlo meno devastante. Non necessariamente si arma per far fuori chi sta odiando. Ci viene a patti, mentalmente parlando, per non trasformarsi in una bestia. Ma, ora che ci rifletto meglio, l’odio non si attacca ai veri Esseri Umani, loro arrivano fino a un certo punto e poi mollano il proprio ego prima di soffocarci dentro. Tu, invece, no. Tu, bestia, non lo fai.

E quando si riceve questo odio si ferma il respiro. Perché è peggio di un pugno, è un colpo che arriva al cervello e annichilisce ogni reazione. Non ti pieghi, non ti spezzi, non ti muovi… tieni botta e poi… ti afflosci. 

Ok. Dante alla fine ha ragione, come sempre. Ti vien soltanto da guardare e passare. Guardi perché speri di riconoscerla in tempo la prossima volta, la bestia, e passi perché ti vuoi allontanare immediatamente da lì. Quello non è un luogo dove gli Esseri Umani dovrebbero stare, quello è il luogo delle  bestie. E le bestie in giro sono tante, e bisogna farci caso, e bisogna imparare a riconoscerle, e bisogna guardare e passare.

Guardare e passare.

E allontanarsi il più in fretta possibile.

Senza rimpianti. 

 

 

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(988) Frustrazione

Sentimento di chi ritiene che il proprio agire sia vano, questa è la definizione da dizionario. Credo sia perfetta. Bellissima. Precisa, senza via di scampo. La indossi e te la senti cadere nei punti giusti, non tira da nessuna parte, è proprio quella cosa lì che cercavi per comprendere quello che stai provando.

E adesso? Adesso, come al solito, come fanno le persone assennate, come fanno le persone mature, come fanno le persone che vogliono risolvere le proprie miserie senza per questo armarsi di kalashnikov per mettere in atto un massacro… adesso si razionalizza.

Pronti? Via!

Partiamo dal presupposto che non posso provare frustrazione se mi limito al pensiero senza farlo seguire da un’azione. Se ti fermi al pensare non puoi dirti frustrato, devi trovare un altro aggettivo che definisca il tuo sentimento. Perché è giusto rivendicare la maternità/paternità del NOSTRO aggettivo, nostro ovvero di coloro che non pensano e stop, ma AGISCONO  e poi verificano coi fatti che il proprio agire sia stato vano. Cioè, non ti puoi fare un film in testa e dichiararti vano soltanto perché hai paura che una volta esplicitata l’azione non servirà a niente. Prima prova e poi – se va buca – aggrappati alla frustrazione. È tuo diritto, te lo sei meritato, perché ci hai provato e non è andata bene. La frustrazione è tua. Goditela.

Da qui soltanto, con questo trofeo guadagnato in campo, si può avanzare nel ragionamento. La frustrazione deriva dal tentativo vano, ma i motivi del fallimento cambiano di situazione in situazione per cui è lì che bisogna andare a indagare. Auguri.

Una volta che arrivi all’origine del flop (pensiero bacato in partenza? Azione poco decisa o esagerata? Situazione troppo incasinata per affrontarla da solo? Situazione senza via d’uscita?), devi procedere con una lista di “potevo/dovevo invece fare” oppure “dovevo pensare anche che”. Lo so, è una menata, ma se non lo fai tu non lo può fare nessuno al tuo posto e la frustrazione si appiccica furiosamente a chi subisce inerme. Pensaci.

Ok, a questa fase segue la parte più significativa: la reazione.

Io reagisco incazzandomi. Ecco, mi rendo conto che è limitato e limitante come contrattacco, ma sono una persona semplice. Da A vado a B, non salto passaggi, non sono programmata per farlo. Quindi, attraversando la furia, arrivo a una stanchezza devastante (la furia ha un costo), e dalla stanchezza passo a uno stato strano permeato di “ma-chi-se-ne-fotte”. Dura poco. Forse dura troppo poco. 

Annoiata dalla stasi neuronale, trovo un altro motivo per muovermi e agire, andando incontro a nuove scintillanti frustrazioni. L’ennesimo loop dal quale non uscirò mai.

Tutto questo razionalizzando. Figuriamoci se girassi armata. 

 

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(495) Trespolo

Stai sul trespolo e aspetti. Non sai neppure tu che cosa stai aspettando, ma intanto, aspettando, ti guardi un po’ in giro e ti riposi. Catturi situazioni che potrebbero esserti utili prima o poi, non ne sei sicura, ma intanto che sei lì incameri tutto quello che puoi. La memoria si occuperà di buttare quello che non ti serve, lasciala fare.

Osservare è il presupposto principe per garantirti la sopravvivenza. Osservare non è un’occupazione così tanto per far passare il tempo, è una missione. Non una mission impossible, bensì una molto possible. Io, che ho ben poche qualità da 007, riesco però a osservare anche quando sono sovrappensiero. Una parte di me, registra le cose e soprattutto i suoni, gli odori, i colori, i sapori. Come se i miei sensi viaggiassero in autonomia e si smazzassero il grosso del lavoro per me. Quando scrivo le cose escono – sembra magicamente – e mi stupisco di quanto siano dettagliate. 

Il mio trespolo è comodo, ma a volte ho bisogno di farmi un voletto attorno, così tanto per cambiare prospettiva, perché vedere le cose dall’alto è spettacolare e concedermi un po’ d’aria fresca mi ristabilizza l’umore.

Osservo e rifletto. Non troppo scientificamente come fa Sherlock Holmes, ovviamente, ma lo studio che mi sono imposta in questi anni mi ha permesso di costruirmi una certa mappa emotiva che risulta alla luce dei fatti piuttosto affidabile. La riflessione parte sempre da un punto di vista soggettivo – il mio, ovvio – ma ho imparato a spingerlo oltre, con l’intenzione di raggiungere soggettività anche lontane dalla mia. Una bella sfida, a volte stordente, ma utile.

Mi viene difficile osservare me stessa dall’esterno, ancora dopo tutti questi anni, mi stanco facilmente, il resto del mondo è ben più interessante di me. Dovrei farlo di più, forse, perché capirei un po’ meglio le reazioni che il resto del mondo ha nei miei confronti, ma – come dicevo – non mi è facile, mi annoio alla vista di me stessa. Ci sarà un escamotage capace di aiutare questo processo?

Mi metterò alla ricerca.

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