(936) Empirico

Ovvio che noi abbracciamo, empiricamente parlando, ciò che riconosciamo come reale perché frutto della nostra esperienza diretta. Posizione saggia, ma parziale. Se ci evitiamo di sperimentare cose nuove, escludere tutto ciò che non abbiamo incontrato e attraversato diventa pericoloso. Il mondo ci sovrasta, che lo vogliamo oppure no. 

Non credo che l’Essere Umano agisca per sentito dire, sulla base di quello che gli altri affermano, penso che soltanto se hai fatto esperienza – magari in altro modo e con altri risvolti – di quella cosa che stai ascoltando, allora sei anche disposto ad agire. Perché agire costa fatica. E comporta un certo rischio. Noi siamo pigri e paurosi di default.

Sarebbe il caso, piuttosto, di riflettere sul come affrontiamo e attraversiamo le cose della vita, sul quanto siamo disposti a esperienziare e su come digeriamo l’esperienza: traendone vantaggio oppure subendone le conseguenze. La prima opzione ci gratifica, la seconda ci mortifica e ci crea frustrazione.

Quanto siamo stati gratificati e quanto mortificati durante la nostra esistenza?

Ognuno di noi potrebbe scriverci un libro, in realtà ognuno di noi si scrive il proprio anche senza bisogno di penna e quaderno perché siamo noi il nostro libro che vive, respira, cresce, invecchia.

Empiricamente parlando, limitare le esperienze che siamo disposti ad affrontare a una lista rigida dove tutto è sotto controllo, non significa che sappiamo come va il mondo, ma soltanto come va il nostro micro-mondo quando segue le nostre regole. Gli imprevisti ci colpiranno comunque, però, e questo bisognerebbe tenerlo presente.

Condividere il proprio bagaglio di esperienze con quello degli altri ci permette di non includere qualsiasi cosa nella nostra lista, ma di trarre del buono anche dalle storie di chi ha già imparato in prima persona quella lezione. La condivisione è un’astuzia che ha sempre funzionato, basta essere intelligente per approfittarne.

Il segreto, infatti, rimane uno soltanto: essere abbastanza intelligenti per riconoscere le opportunità e farle proprie quando queste si rivelano utili.

Sempre empiricamente parlando, ovvio.

 

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(847) Neologismi

Oggi mi sono persa nei meandri di un sostantivo che mi motiva parecchio: opportunità. 

opportunità s. f. [dal lat. opportunĭtas-atis]. – 1. [l’essere opportuno: sostenerel’o.diunprovvedimento] ≈ adeguatezza, appropriatezza, convenienza, pertinenza. ‖ necessità, utilità, vantaggio. ↔ inadeguatezza, inopportunità, intempestività, sconvenienza. ↑ dannosità. 2.[circostanza opportuna, favorevole: averel’o.difarequalcosa] ≈ adito, destro, occasione, possibilità, spazio.

Per quanto mi riguarda interagire con una persona opportuna è una benedizione. Non è affatto facile esserlo, bisogna fare attenzione agli spazi e ai tempi (nostri e degli altri).  Mirabolanti acrobazie per il 99% delle volte. Eh.

Passo oltre: l’opportunità – dal mio punto di vista – è quella cosa che si discosta dalla semplice occasione perché porta in sé una crescita. Se la prendi al volo ti porta del bene. La vivo così. Mi sono sbagliata spesso confondendo le opportunità con quelle che erano soltanto delle occasioni, ma non mi sono mai sbagliata quando ho deciso di raccogliere per vedere dove mi avrebbero portato. Hanno una voce suadente, sono delle bellissime sirene, non puoi far finta di nulla. 

Ok, detto questo, mi sconvolge enormemente (sono una dalle facili enfasi, ormai lo sapete) come nella nostra splendida lingua italiana si passi dal positivo opportunità al negativissimo opportunismo :

opportunismo s. m. [der. di opportuno, sull’es. del fr. opportunisme]. – 1. [comportamento di chi sfrutta spregiudicatamente le opportunità del momento] ≈ ‖ camaleontismo, funambolismo, [in politica] trasformismo. 2. (estens.) [spec. in competizioni sportive, capacità di saper cogliere e sfruttare il momento opportuno] ≈ tempismo.

Sfruttare spregiudicatamente le opportunità del momento, e molto probabilmente, creando danno a qualcuno… che pessimo talento, n’evvero? E qui scatta la confessione: il mio annusare le opportunità per muovermi in sintonia con esse (ho usato esse, devo essere proprio ispirata, santidddddio!) è stato molto spesso scambiato per opportunismo sebbene io non mi sia mai permessa – e se dico mai lo dico perché è proprio mai – di creare danno a qualcuno. Mai. Negli anni scorsi m’ha fatto molto soffrire questo giudizio che si trasformava istantaneamente in condanna. Poi ho capito che non condannavano tanto il mio muovermi per acchiappare le opportunità al volo, quanto il mio coraggio di muovermi per tentare di acchiapparle. Ci vuole coraggio per lanciarsi sperando di prendere l’opportunità giusta, quella capace di farti crescere. Io ce l’ho di natura questo coraggio, ma mi sono accorta soltanto in questi giorni che manca un verbo opportuno per definire questa cosa qui, ovvero: opportunità+coraggio = ????

Per-l’amor-del-cielo, ‘sto coraggio m’ha fatto frantumare ossa e naso parecchie volte, ma niente mi ha mai fermato. Un’opportunità, se hai il coraggio di misurarti con onesto sentire, ti porta sempre un po’ più in alto. Innalza la tua vibrazione, la conoscenza di te stesso, la percezione del mondo e di te che ti muovi nel mondo, col mondo, anche in opposizione al mondo intero – se servisse – non importa quali siano le conseguenze. Voli alto.

Ok, non sono malata di opportunismo, ma di OPPORTUNAGGIO. La qualità – si tratta di un valore positivo – di afferrare con audacia un’opportunità che senti ha potenziale, che potrebbe farti volare. Non è detto succeda, ma potrebbe succedere. E quando succede, tu voli. Poi l’atterraggio è quel che è, magari ti tocca farne uno di fortuna e ti maledici per il tuo azzardo… ma non te ne penti. Sei pronto a rifarlo ancora. Non te ne potrai mai pentire perché lo hai fatto, non lo hai soltanto pensato, non lo hai soltanto sognato, non te lo sei ripromesso per poi tirarti indietro. Lo hai fatto. Basta. Puoi morire tranquillo.

Opportunaggio. Fateci caso, funziona.

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(509) Ponte

Se potessi, tirerei un ponte per raggiungerti. Anzi, ti chiderei di percorrerlo e di arrivare fino a me. Non per pigrizia, ma per lasciarti la libertà di scegliere, di declinare l’invito, di rispedirmi il ponte indietro. Sarebbe una delusione, ma capirei. Io capisco sempre tutto. E non dimentico – e raramente perdono (non sono buona, no).

Un ponte è un’occasione (sempre) e a volte può essere un’opportunità. Quando ti si presenta, un’opportunità non aspetta che tu ti convinca ad abbracciarla, se ti vede titubante, scettico, insofferente, lei se ne va. Ha altri da tentare e zero tempo da perdere. Altri ponti da abitare.

Ci sono ponti che percorreresti correndo, altri a cui ruberesti il paesaggio con ogni sguardo a ogni passo (passo lento, ovviamente). Ci sono ponti troppo lunghi, che ti penti di averli presi almeno dieci volte prima di attraversarli tutti, e tornare indietro sarebbe una gran fatica e te la vuoi risparmiare. Altri ponti sono troppo corti, non ti danno il tempo di ripensarci che sei già arrivato dall’altra parte.

Ci sono ponti che si bruciano appena arrivi a destinazione, non puoi più tornare indietro da lì e chissà se riuscirai mai a tornare indietro.

Ci sono ponti che una volta percorsi rimangono solidi e saldi per sempre, quelli sono una benedizione e bisogna sapersene prendere cura.

Il mio ponte porta il tuo nome, se l’opportunità ti sembra poca cosa allora vorrà dire che lo lascerò frantumarsi per il gelo e il vento, per la pioggia e per il sole rovente che negli anni lo flagelleranno. Una volta che costruisco un ponte, una volta che lo chiamo per nome, una volta che azzardo un sogno, non ritratto.

Così è se mi pare.

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(79) Opportunità

Non mi è mai successo che una buona opportunità mi cadesse in testa come una benedizione. Credo di non essere stata programmata per le botte di culo. Non dico che così si parte in svantaggio… anzi, sì, lo dico.

Senza voler dare colpa a chicchessia (non ho saputo resistere, lo dovevo usare per forza “chicchessia”), affermo pubblicamente che partire in svantaggio se c’è bel tempo ti passa via come fatto ineluttabile di cui non curarsi. Se piove, t’incazzi. Se piove e tira vento, di più. Se c’è nevischio e il vento è un’impietosa bora, non sei a rischio tu ma chi ti capita vicino se su di lui c’è bel tempo.

Detto questo, ho imparato presto che o le opportunità te le vai a cercare o non busseranno alla tua porta solo perché sei bella, intelligente e creativa* (ma anche se non lo fossi sarebbe lo stesso, è la programmazione alla casa madre che ti preclude vie agili e felici).

Sta di fatto che il casino è anche nel saper valutare quale sia in concreto una reale opportunità e quale una fregatura. Ecco, qui è questione di esperienza. Uno l’esperienza se la fa a suon di fregature, mica di belle opportunità. Capito il gioco?

Sì, ritornare alla casa madre l’articolo difettato sarebbe la cosa più saggia da fare, ma che garanzie di sostituzione ci hanno offerto? Parliamone: non sono pronta a trasformarmi in uno scarafaggio.

I would prefer not to.

*No, non sono bella né intelligente. Solo creativa, e non sempre.

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