(1054) Inesploso

Calma apparente. Tutto perfetto in superficie e da qualche parte nelle viscere c’è un countdown che provocherà un disastro. Solitamente i disastri succedono così. Ce lo dice la cronaca nera, ce lo dicono i crolli dei ghiacciai nell’Artico e lo sappiamo anche noi perché ognuno di noi sente il proprio conto alla rovescia senza sapere da che parte prendere la bomba. Vero?

Allora due opzioni interessanti ci si aprono davanti:  la numero uno prevede che anticipiamo il botto e facciamo quello che sentiqmo di dover fare, vada come vada; la numero due ci fa nascondere la testa sotto la sabbia mentre ci prepariamo alla deflagrazione e chi s’è visto s’è visto.

Una cosa è certa: l’inesploso, prima o poi, esploderà. Sta a noi maneggiarci come meglio crediamo e sta a noi prenderci in carico tutte le conseguenze del caso.

Le cose che non diciamo e che dovremmo dire, le cose che non facciamo e che dovremmo fare, le decisioni che rimandiamo, i desideri che bruciamo, le occasioni che lasciamo andare… mica penseremo di passarla liscia vero? Sono tutte lì che contano al rovescio e quel tic-tac ci martella le tempie e sovrasta anche il battito del nostro cuore. Resistere è inutile.

Se diciamo quando dobbiamo dire, facciamo quando dobbiamo fare, decidiamo prima che sia troppo tardi, curiamo i nostri desideri per farli realizzare, prendiamo al volo le occasioni che ci fanno vibrare anche se ci sono dei rischi da correre – ma alla fine che sarà mai? – forse, dico forse, anticipiamo il disastro e pilotiamo gli eventi per il meglio. Per noi, per tutti.

La calma apparente è paurosa, sussurra cose tremende, vero? Ecco, teniamo presente quel tic-tac laggiù in fondo e vediamo di farne qualcosa di utile, qualcosa di buono, qualcosa di coraggioso, qualcosa che ci renderà orgogliosi di esserci e di non esserci tirati indietro soprattutto. Non stavolta. Non adesso.

Tic-tac

tic-tac

tic-tac

(…)

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(652) Farina

Indispensabile, ci ha permesso con un pizzico di creatività e di pratica di sopravvivere per millenni. E chi lo avrebbe mai detto che lo avremmo fatto così bene? Che avremmo imparato a usare la farina per alzare il livello di mera sopravvivenza a livello gourmet 2.0? La storia che ci racconta la farina ha dell’incredibile, secondo me, e non finirà mai.

Pensando a tutto questo, non so come sono arrivata a pensarci perché non ricordo da dove sono partita, ho iniziato a valutare quanto quello che poi facciamo nella nostra vita sia impastare la nostra farina – fonte di nutrimento in trasformazione – per farne qualcosa che risulti: buono, sostanzioso, diversificato. Ognuno di noi ha la sua ricetta per arrivare al risultato che più gli pare, dandosi la possibilità di risistemarla a seconda della necessità, dell’occasione, delle possibilità. 

Provo grande ammirazione per chi si è impastato per bene la propria esistenza, golosa di carpire segreti che mi sono ancora preclusi e che potrebbero aiutarmi a fare meglio. A volte, sotto, ci sono dei piccoli atti coraggiosi che potrebbero passare inosservati ai più e che hanno saputo creare un ambiente ideale per nuove e fortunate situazioni. L’importante è tirarsi su le maniche, alla farina aggiungere acqua e altri ingredienti che sappiamo indispensabili (sale, lievito ecc.), e di buona lena impastare. Farlo noi, non farlo fare a un robot. Farlo noi, metterci la nostra forza, la nostra volontà, la nostra tenacia. Sappiamo farlo, sappiamo come farlo, dobbiamo solo scavalcare due metri di pigrizia atavica, e che sarà mai?!

La ricetta ce l’abbiamo, non usarla sarebbe un vero peccato, no? 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(265) Sostenere

Sostenere non è un verbo da poco, determina un’azione che reputo fondamentale. Si sostiene qualcosa o qualcuno, per aumentarne la forza. Si può sostenere con fermezza una posizione, un punto di vista, un’idea… non si sostiene poco convinti, poco partecipi, poco attivi.

Ecco: quando credo in qualcosa divento talmente assertiva da risultare prepotente anche a chi mi conosce bene. Ammetto che è, ed è sempre stato, un bel problema.

Sostengo gli amici quando si trovano soli contro il resto del mondo, però. Questo non ha mai dato fastidio ai diretti interessati. Eppure una mia caratteristica che è risultata come pregio in molte occasioni, può tramutarsi improvvisamente in difetto imperdonabile.

Quando? Semplicemente quando ciò che sostengo è ritenuto un’assurdità che reca fastidio. Allora, in un nanosecondo tutto cambia. Tutto.

Ma  arriva il momento in cui preoccuparsene non serve a nulla. Continuo a sostenere che il verbo sostenere e tutto ciò che si porta appresso è rimarchevole. Anche quando il resto del mondo pensa il contrario.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF