(1043) Lezioni

Ho bisogno di stimoli, quindi ho pensato di fare una dannata lista di cose che vorrei imparare a fare. È lunghissima. Ancora ho lo stesso entusiasmo per sondare terreni sconosciuti e curiosità per sfondare muri traballanti e vedere cosa c’è nascosto dietro, nonostante la mia veneranda età. Questo gioca a mio favore. Ne sono certa.

Il risvolto della medaglia è che non ho tempo per fare tutto quello che vorrei e per imparare tutto quello che vorrei imparare… e forse neppure l’energia di un tempo per farlo. Quindi? Eh. Quindi ora devo scegliere dalla lista un paio di cose che nell’immediato posso iniziare a praticare senza che mi risulti troppo pesante. Non mi posso inventare grandi cose, ma ci sono piccole lezioni a cui posso accedere on-line e per il momento possono bastare. No, non sto parlando di qualcosa di mentale, bensì qualcosa che coinvolga il corpo e la mente. La disciplina del corpo dettata da una mente equilibrata. 

Già mi viene da ridere. Mente equilibrata. Che meraviglia. Ad avercene di menti equilibrate. Eh.

Riprendendo l’entusiasmo di qualche riga fa – dopo la botta di sano cinismo che inavvertitamente s’è infilata tra i pensieri – posso dichiarare con una certa soddisfazione che le due cose su cui mi impegnerò nei prossimi mesi le ho trovate. Yeah. Chi cerca trova, dicevano i nonni e avevano ragione. 

Ora, le premesse sono semplici semplici: per non andare in esaurimento scorte energetiche ho bisogno di inserire nelle mie giornate qualcosa di nuovo. Trovato un paio di cose nuove, evviva!, non mi resta che iniziare. Ogni inizio è faticoso, pertanto per le prime settimane farò a botte con la mia pigrizia, ma sono ottimista, penso di potercela fare.

“Sono ottimista” è una dichiarazione compromettente. Adesso son proprio cazzi. Comunque, non svelerò le mie scelte, mi dispiace sarebbe troppo. Per stasera è sufficiente aver messo in piazza i miei buoni propositi, col rischio che vadano a farsi benedire tra meno di 24h.

Ok, vado a letto prima di pentirmi di aver scritto quello che ho scritto. Addio.

 

 

  

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(937) Rapire

Qualcosa che rapisce la tua attenzione è davvero qualcosa di speciale. Speciale in qualsiasi modo lo si voglia intendere, speciale e basta. Rapire l’attenzione ha a che fare con il vento, secondo me. La tua attenzione è trasportata altrove da te, ti dimentichi tutto perché in quell’istante qualcosa ha attratto ogni tuo pensiero convogliandolo su di sé. 

Solitamente lo fa la Bellezza.

È una bella sensazione, esci da te e vieni assorbito da qualcosa che – molto probabilmente – non conosci ancora, non così bene almeno da poterla dare per scontata. Esci e ti perdi. Può durare dieci secondi oppure due ore (se il film è fatto davvero bene), sei in un altro mondo. Fuori da tutto, fuori da te.

Rapire lo sguardo di qualcuno è un privilegio.

Siamo distratti da troppe cose e poco propensi ad appoggiare la nostra attenzione su qualsiasi cosa per troppo tempo. C’è sempre qualcosa di meglio, sembra che ci sia sempre qualcosa di meglio che ci aspetta. Aspetta proprio noi. Perché dentro di noi pensiamo che ne valiamo la pena. 

Non è un verbo felice, rapire, ma se lo si accompagna a “attenzione” riacquista luce. Si crea un cortocircuito di significato che ti predispone alla meraviglia.

Basta che glielo permettiamo. Di tanto in tanto. Ovvio.

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(771) Fessura

Solitamente il mondo non mi appartiene. Questa affermazione risulta più precisa della solita “io non appartengo a ‘sto mondo” perché è ovvio che se il mondo non ti vuole è facile non appartenergli. La questione, invece, che è il mondo a non appartenermi è già meno ovvia. Mi piacerebbe non fosse così, ma è un dato di fatto che ben poco al mondo mi appartiene, tutto intero mi riesce del tutto impossibile.

Guardo quindi dalla fessura ciò che vorrei fosse mio. Mio mio mio. Proprio il significato che un bimbo dà al possessivo di prima persona: mio.

Una cosa quando è tua te la vivi meglio, specialmente se te la sei guadagnata perché apprezzandola non la vai a sprecare. Non si pretende di averle gratis le cose, soltanto di averle prima o poi. Certo che si cambia idea, certo che le cose che non hai sembrano più luccicanti di quelle che hai già, certo che l’avidità è una brutta bestia, certo che chi troppo ha nulla stringe, certo che c’è chi non ha nulla eppure è felice, certo certo certo. Non sto qui a discutere l’ovvio, sto solo valutando questa prima frase che mi è uscita e che non sapevo di avere:

“Solitamente il mondo non mi appartiene… “

Perché sto sempre fuori assetto, in un modo o nell’altro, perché anche quando sono presente è come se fossi altrove in una parte seppur remota del mio cervello, perché c’è sempre un qui o un lì che mi sfugge e che alla fine lascio andare senza ripensamenti o struggimenti sparsi. Lo so, sono alla frutta. Mi sto lamentando di che cosa? Cosa diavolo sto dicendo?

Sto solo dicendo che solitamente il mondo non mi appartiene, solitamente. Eppure nei due/tre nanosecondi in cui invece lo fa, consegnandosi senza combattermi… ecco, io me ne accorgo. Me ne accorgo ogni volta, ogni volta. Sempre con meraviglia, sempre grata. Come oggi.

Alleluja!

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(505) Trucco

Il trucco serve a mascherare, a nascondere. Serve a renderci diversi all’apparenza, a renderti più bella o più brutta dipende se devi sedurre qualcuno o se sei lo zombie a una festa di Carnevale. Il trucco a un certo punto va via, sbiadisce. Tu che stavi sotto sei costretta a tornare in superficie. Con sollievo o vergogna, questo lo deciderai tu, di volta in volta.

Quando il trucco c’è e non si vede, la meraviglia è una magia. Quando il trucco viene smascherato, la delusione ti fa scivolare il sorriso e chi s’è visto s’è visto.

Credo che il trucco, quando c’è, è meglio che non si veda, perché gestirsi la delusione è una brutta rogna. Credo che mettersi addosso un po’ di trucco, o anche tanto, sia sacrosanto se ne senti il bisogno, perché non ci hanno fornito alla nascita un’armatura capace di proteggerci da tutto e da tutti e invece ne avremmo tanto bisogno.

Poi c’è chi, come me, non ne usa, né trucco in faccia né trucchi in sala, e non è neppure una scelta ragionata, è soltanto pigrizia. Si sa che la pigrizia la si paga cara e i miei conti son sempre stati piuttosto salati, però…

Però vivendo già in superficie, a pelle scoperta, non riservo brutte sorprese a me stessa e neppure sgambetti fastidiosi a chi mi sta attorno. Ho imparato a mollare pugni sul naso, però, e piano piano alcuni se ne stanno rendendo conto. Eh, va così! La vita in superficie ti indurisce la pelle e ti rafforza il cuore. Che sia un bene o un male, questo non è dato saperlo e a dirla tutta non me ne frega niente.

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(419) Wow

Lo penso spesso. In positivo e in negativo. Riferito al mondo che mi circonda oppure a quello che mi porto dentro. Lo stupore che si traduce con un Wow può prendere toni e colori diversi a seconda dell’oggetto a cui è rivolto.

Ci ho riflettuto seriamente e sono arrivata alla conclusione (provvisoria) che non sia una brutta abitudine, quella di stupirmi intendo, perché presuppone una certa apertura alla meraviglia. Nulla di cui andare fiera, è qualcosa che è parte di me e probabilmente ereditata dalla mia genitrice, ma è senza dubbio il presupposto che mi ha permesso di avvicinarmi alle storie. Quelle che mi vengono raccontate, ancor prima di quelle che io racconto.

La convinzione che l’Essere Umano sia portatore sano e insano di storie non mi ha mai abbandonata e non mi ha mai delusa. Quando ti aspetti una storia, quella arriva. Sicuro come il giorno e la notte. Arriva. Certo, la devi saper cogliere, ma se la aspetti allora i sensi ce li hai allertati per forza.

Le storie migliori sono quelle che ti lasciano piccole briciole di meraviglia da raccogliere mentre le attraversi. I colpi di scena fanno bene, certo, ma possono anche lasciarti l’amaro in bocca. Quando, invece, trovi una briciola dove non pensavi ci potesse essere… ti fermi, la raccogli e te la guardi.

Wow.

E chi ci pensava che qui avrei trovato questa cosa! E chi ci credeva che qui avrei trovato questa meraviglia! E chi ci sperava che qui avrei trovato questo piccolo balzo del cuore che mi ha fatto aprire gli occhi d’un colpo e trattenere il respiro!

Wow.

Auguro mille wow – mescolati belli e brutti – al giorno a tutti, a tutti. Quelli belli ti fanno amare la vita, quelli brutti ti fanno amare le altre cose belle della tua vita. Fare un confronto serve, aiuta. Tutti.

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(344) Coda

Credo che il pavone sia sempre stato trattato ingiustamente. Lo si pensa vanitoso, solo perché dotato di una meraviglia che – volente o nolente – si deve gestire come meglio può. Non l’ha scelta lui ‘sta situazione, gli è stata data da Madre Natura, chiaro?

Dunque, immaginiamo di essere un pavone e di essere i legittimi proprietari di una coda che spiegata totalmente nella sua portentosa bellezza lascia tutti a bocca aperta. Che facciamo? La teniamo ripiegata come un ventaglio che si infila in borsetta quando non serve? Follia!

La coda, che è anche portatrice di sana responsabilità, ha bisogno di essere rinfrescata di tanto in tanto, ha bisogno di nutrirsi dei raggi del sole, ha bisogno di sgranchirsi le piume per ravvivare i colori, ci abbiamo mai pensato? Certo che no, mica siamo dei pavoni, mica siamo dotati di una coda di simil portata!

A parte che son bravi tutti a giudicare quando il problema non ti tocca, dovremmo smetterla una buona volta e soltanto ringraziare. Ringraziare ogni pavone che, malgrado quello che gli invidiosi pensano, ci fanno dono del loro dono – di tanto in tanto – lasciandoci a bocca aperta.

Dirò di più: non mi vergognerò più di mostrare la mia coda, d’ora in poi sarò un indomito pavone che fa soltanto ciò che è gli è dato fare. Punto e basta.

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(194) Password

Mi sono accorta, con grande divertimento, che da molto tempo sto usando una password che mi permette l’accesso a luoghi privati che non mi appartengono ma di cui mi posso prendere cura – e farlo per bene – senza farmi notare.

Bellissimo.

Allo stesso tempo, mi sono accorta che ho impostato una password decisamente a prova di bomba affinché nei miei luoghi privati possano avere accesso solo un certo tipo di persone. Persone che senza che io gliela sveli, questa stessa password ce l’hanno già dentro – nel proprio DNA – e naturalmente ne fanno uso. Anche e soprattutto inconsapevolmente.

Bellissimo anche questo.

Lo consiglio a tutti: createvi delle password e usatele con criterio, la vita diventerà un gioco di meraviglia e gioioso calore. Davvero.

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(189) Osservare

Essere capace di mantenere l’attenzione dentro e fuori di me: questo è scrivere, questo è vivere. Non sempre ci riesco, mi divido tra quello che c’è dentro e quello che c’è fuori e perdo pezzi di uno e dell’altro. Questi periodi di stordimento sembrano durare un’eternità, perché quando si è divisi tra dentro e fuori non si sta per nulla bene. Il tempo si dilata mentre tu sei immobile e sospeso.

Ecco dove diventa vitale l’osservazione. Osservare anche le tue reazioni mentre sbarelli è un lavoro necessario, perché tanto quello sbarellamento finisce prima o poi e dovrai riprendere il controllo con quello che ti è rimasto.

Valutando i miei ultimi mesi posso tranquillamente ammettere che sono rimasta chiusa dentro e chiusa fuori a fasi alterne e la separazione mi ha estenuato. Riprendere il controllo diventa possibile ora soltanto perché ci sono già passata e mi ricordo come si fa, come devo fare. Lo farò. Anzi, lo sto per fare.

Tra adesso e il successivo poi, però, osservo tutto. Il mondo che attorno si muove come può e come sa, a volte mi diverte, altre mi infastidisce o mi disgusta, altre mi riempie di meraviglia e bellezza. Questa cosa rende il recupero piuttosto arduo, troppe cose tutte insieme non so gestirle.

Va bene, inizio da qui e vediamo fin dove riesco ad arrivare. Con calma, eh!

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