(649) Incertezza

Il leitmotiv della mia esistenza. No no, mi rendo conto che sono in buona compagnia e che ben pochi Esseri Umani sono così fortunati da infischiarsene bellamente dell’incertezza del vivere, ma io con il mio carico di Incertezza voglio farci pace. Cioé vorrei riuscire a guardare serenamente in faccia questa montagna che mi sta davanti – e mi fissa minacciosa – e far presente le mie ragioni. Senza bisogno di discutere, possiamo trovare una base comune su cui costruire un rapporto più costruttivo, no?

Voglio dire che farmi vivere con quest’ansia famelica per tutta la vita a chi giova? A chi? Di certo non a me, ma neppure a te, Incertezza mia… vero? Visto che stiamo convivendo in un corpo solo, cara Incertezza, non è che possiamo trovare un modo meno distruttivo di gestire le cose? Facciamo che riduci il tuo spazio dentro al mio cervello di un buon 60%, e il gap lo facciamo colmare per un 10% alla pace mentale, per un 10% alla saggezza, per un 15% alla lungimiranza senza affanno e il restante 5% lo lasciamo alla follia. Secondo me potrebbe funzionare. Ti tieni il tuo bel 40% di spazio in cui muoverti, ti lascio anche qualche giorno al mese per farmi vedere i sorci verdi, ci sta, però per il restante del tempo, oh Incertezza mia!, fai silenzio, non interferisci con il normale andazzo dei miei giorni. Siamo entrambe entità ragionevoli, secondo me ce la possiamo fare. 

Perché ci sono delle cose certe nella mia vita, ci sono e ringrazio il Cielo che ci siano e mi auguro ci siano ancora per cinquant’anni buoni, ma mi domando: perché non mi bastano? Perché l’ansia me le fa dimenticare e mi butta addosso tutto l’Incerto del mondo pronto a divorarmi quando la stanchezza si fa appena appena sentire? Perché? Perché? Perché?

Va bene. Non serve neppure che io sappia il perché. L’importante è che si trovi un accordo. Ora.

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(527) Venerdì

Da un po’ le mie settimane sono come le settimane di tutti. Questo mi fa ancora strano, sono ancora stordita dagli orari ordinari di questa mia nuova vita. Non riesco a farmene una ragione, ecco tutto.

Quindi arrivare al venerdì e pensare: “Meno male che è venerdì!”, mi sconvolge. Letteralmente.

Mi ero scordata di come ci si sente, di come questa scansione del tuo tempo – nelle mani di qualcun altro – ti possa toccare nel profondo. Se non hai mai provato altro non te ne puoi accorgere, ma passare da una condizione di assoluta autogestione a quella di ordinaria gestione imputabile a terzi ti si palesa subito con uno scollamento emotivo preoccupante.

Ok, c’è chi la sa prendere meglio di me – perché più intelligente, maturo, saggio, lungimirante ecc. – ma non è che posso togliermi da me stessa fingendo intelligenza-maturità-saggezza-lungimiranza che non possiedo. Eh!

Quindi vivendomi per come sono, devo sistemarmi nell’ottica che sto sbagliando qualcosa. La mia percezione della realtà, ancora una volta, deve essere sistemata. Devo aprirmi a un cambiamento profondo per calibrare meglio il mio assorbimento delle cose che mi coinvolgono e di cui non ho il controllo.

Che detto così sembra che io sia una maniaca del controllo (lo sono?!), ma non è che vivere assecondando il vento sia una condizione che mi è appartenuta in qualche modo pienamente (solo nei miei sogni, non realizzati per ovvie ragioni), per cui i miracoli da me stessa non li posso pretendere. Forse posso raccontarmela meglio, forse posso valutare il resto con più discernimento. Forse.

Va bene, qualcosa mi inventerò, il problema ce l’ho qui davanti agli occhi e non ho scampo. O l’affronto o l’affronto.

Per fortuna che è venerdì. Eh.

 

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(507) Figura

Per fare bella figura bisogna impegnarsi un bel po’, per una brutta figura si fa prima, fare una figura di m****, invece, è un attimo.

Questa lezione l’ho imparata strabene, posso tranquillamente passare al secondo livello.

Figurarsi il peggio è un istinto, figurarsi il meglio è ostinazione al sogno, figurarsi se poteva andare meglio di così è un’esclamazione che conclude ogni evento della mia vita.

Anche questa lezione l’ho imparata, ho il diritto di accedere al terzo livello.

Una figura aggraziata ha saputo raccogliere in sé la Bellezza che con generosità dona a chiunque la guardi. Una figura grottesca ha assorbito tutta la bruttezza del mondo e, pensandola preziosa, l’ha trattenuta così tanto dentro di sé da pensarla propria e non potersene più disfare. Qualunque sia la figura a cui tu voglia assomigliare farai bene a valutare con lungimiranza ciò che raccogli dal mondo che ti circonda e sii consapevole che sei solo un contenitore e niente ti appartiene. In questo modo ti aggiudichi una via di fuga quando vedrai che le cose si stanno mettendo male per te.

Non è una lezione, questa, è una teoria che mi si è infilata in testa da qualche tempo e che di anno in anno si va perfezionando. Potrebbe portarmi vicino a una preziosa illuminazione o in un altro vicolo cieco, non lo so, fatto sta che non posso abbandonarla prima della fine, è una questione d’onore. Sia quel che sia.

Comunque, non è che io mi aspetti grandi cose, figuriamoci!, ma sono sicura che presto un’altra lezione mi si paleserà davanti per permettermi di accedere al quarto livello di consapevolezza. E sento già la disfatta che sarà, mannaggia.

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