(1061) Programmazione

Ho provato a vivermi gli ultimi quindici giorni – la mia vacanza – senza programmazione alcuna. Giornate libere. Faccio quello che voglio. Certo, avevo una lista di cose che avrei voluto fare, ma pensavo che quel voler-fare fosse talmente forte da non dover essere costretto a esplicitarsi. Illusa.

Talmente abituata al programmare le mie giornate affinché risultino onorevolmente produttive, ho scoperto con costernazione immensa che non so vivere in altro modo. Il mio lasciar andare ogni lista da flaggare si riduce a un realizzare in concreto nulla. Piccole cose, ovvio che non resto inerme come una Barbie in fondo allo scatolone dei giocattoli, ma tutto il resto sparisce.

Mi è stato consigliato di fare così perché ero a un passo dal burn out e, in un certo qual modo posso anche essere d’accordo con questa diagnosi un po’ spinta, ma me lo sentivo che alla fine me ne sarei pentita. E infatti è così.

Avrei potuto conquistare il mondo in questi fottuti quindici giorni e invece…

Va bene, forse esagero, sto drammatizzando troppo. Si tratta semplicemente di due settimana di riposo. Ho letto (7 libri), ho vissuto il quotidiano (cosa eccezionale per me), ho buttato su carta un paio di idee (eh, mi stavo annoiando), ho programmato i prossimi mesi. Eeeeeeeeeeeeeeeeesatto. Ho programmato i prossimi mesi. Mi sono proprio messa lì a segnare le scadenze e gli impegni, le possibilità e le impossibilità, il da-farsi e il da-finirsi… Ho cercato di fare mente locale e proiettarmi nel marasma di cose che mi aspettano e così facendo m’è salita una certa preoccupazioni, un’ansia da prestazione che metà basta, eppure. Eppure sento che posso farcela, posso maneggiare tutto questo, posso. Quello che non posso fare è lasciare le mie giornate in balìa del mio umore, non posso permettermelo, sarebbe la disfatta.

La programmazione. È lei che mi salva la vita, ormai ne sono certa.

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(1047) Noia

Davanti a me ho una pila di libri che devo leggere. Devo leggere perché l’ho deciso io, quindi non me la posso prendere con nessuno. Davanti a me ho anche il mio benamato Kindle che contiene almeno duecento ebook dagli argomenti più disparati e superinteressanti che ancora non ho letto, scelti e comprati dalla sottoscritta che si prende ogni responsabilità del caso.

Per leggere tutto avrei bisogno di almeno tre vite oltre a questa che sto vivendo.

Ho almeno una ventina di articoli che devo scrivere (perché lo voglio fare io, ovvio) per il mio sito e ho tre storie (significa tre romanzi lunghi) che non mi lasciano in pace e mi chiedono di uscire dalla testa. No, essere me non è semplice.

In tutto questo, le mie giornate si riempiono di progetti, pensieri, opere e giri su me stessa per capire dove andare e cosa fare per prima. E ho almeno una ventina di film che voglio vedere e altrettanti che voglio rivedere. Poi ci sono le due nuove attività di cui parlavo qualche post fa che voglio introdurre nella mia vita e la prima di queste ormai è già pronta e da domani si comincia!

Insomma: sono sempre stata così. Ormai so che faccio così di continuo, senza posa, sempre. E se per caso mi viene la febbre e non ho voglia di fare niente mi sembra che il mondo mi cadrà sopra seppellendomi viva perché inattiva e impegnata a piangermi addosso. Sì, essere me non è semplice.

Il paradosso? Eccolo: sono talmente annoiata di essere me che chiamerei un walk-in qualsiasi per farmi divertire in qualsiasi modo io non conosca. Pensa un po’ come sono messa.

È quasi la metà di agosto, fa un caldo porco, il sole preso oggi mi ha fatto alzare la temperatura corporea di mille gradi e… ora mi guardo un film.

Cia’

 

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(860) Pedina

Ci si sposta di casella in casella, spesso seguendo il volere di un dado che abbiamo tirato o che qualcun altro ha tirato al posto nostro. No, è più complicata di così la vita, ma in certi momenti pensiamo che tutto quello che possiamo fare sia spostarci di casella in casella seguendo il volere di un dado. Non ho mai capito perché, perché vediamo solo le caselle e il dado forse. Non lo so.

In diverse circostanze sono stata usata come una pedina da spostare di qua e di là, non dal dado, proprio da qualcuno che mi vedeva così, mi pensava così. Siccome è stato sempre brutto, mi sono sempre guardata bene dal riservare lo stesso trattamento a qualcuno. Non ho mai spostato le persone come se fossero delle pedine sul mio tavolo da gioco. Non gioco in questo modo. Ma c’è chi lo fa, continuamente. Pensa di averne diritto, pensa che così facendo ha il controllo, ha il potere, ha la forza per manovrare la vita degli altri in funzione della propria. E i modi in cui si può fare sono pressocché infiniti. Se è quella la tua intenzione un modo lo trovi. Una vittima la trovi. Eh. Va così.

Per stare tranquilli pensiamo che mettere le cose a posto sia l’unico modo per essere felici. Marie Kondo ormai è diventata l’eroina del millennio: “Tenere in casa soltanto cinque libri è un modo per non rinunciare al piacere del libro e non essere sopraffatti dalla quantità di volumi che teniamo in casa”. Che tenerezza! Senti Marie, ti inviterei volentieri a casa mia ma il solo pensiero che tu sia sopraffatta dalla smisurata quantità di libri che ho in casa mi è insopportabile. Resta pure a casa tua. Senza rancore.

Ma siamo impazziti? Si passa dal possesso compulsivo alla rinuncia a qualsiasi forma di possesso, ragioniamo per estremi opposti come se nell’estremo risiedesse il segreto dell’equilibrio. Siamo, emotivamente parlando, il grande fallimento di Dio. Senza criterio. Follia pura. 

E siccome non riusciamo a controllare la nostra emotività vogliamo controllare quella degli altri. Vogliamo ridurli a pedine, da muovere di casella in casella, da spostare a nostra comodità così da non darci fastidio, così da farci divertire, così da rendersi utili ai nostri fabbisogni. Buttiamo via le persone che sfuggono alla nostra mania di controllo, o cerchiamo di cambiarle perché così come sono non vanno bene. E giochiamo. Da soli. Ma giochiamo. Bravi bambini psicopatici. 

Evviva Marie Kondo.

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(778) Risposte

Più invecchi e più capisci il significato del detto “è più difficile fare la domanda giusta che trovare la risposta giusta”. Saper fare le domande giuste non è cosa da poco, non da tutti, soprattutto non funziona sempre. Essere sintonizzati con il mondo sottile è soltanto una delle premesse imprescindibili, il resto è anche questione di culo e si sa che le botte di culo c’han un bel carattere tutto loro, colpiscono a seconda dell’umore.

Però qualcosa possiamo fare, senza contare troppo sul Fato, per esempio: se hai una sensazione stramaledetta che ti si infila in tutti i pori e fai finta di nulla posizionando la tua domanda su un punto di vista esterno a te, la risposta che riceverai sarà quella che il Caos vorrà. Non hai scampo, l’Universo farà di te uno scempio perché sei stato scemo e te lo meriti.

Quindi essere presenti a se stessi mentre si valuta una situazione ti può già aiutare ad avere le prime risposte utili per procedere. Ma non basta. Stare attenti, ma proprio all’inverosimile, a quello che succede dentro la testa e il cuore degli altri è ciò che ti permette di arrivare alle domande davvero importanti, quelle giuste, quelle che una volta che le hai individuate ti offrono risposte che ti rendi conto erano già tue e manco ti servono più. Questa è Arte. Questa è la condizione a cui anelare per vivere da Illuminati.

Già capire noi stessi per metà è un’impresa, capire gli altri è utopia. Capire un po’ gli altri, però, è probabile che se ci si basa su noi stessi (quella metà con cui ci possiamo raccapezzare) e si aggiungono alcune varianti, il contatto si compia. Gli occhi sono lo specchio del cuore? Può darsi, o dei pensieri. In fin dei conti tutto il nostro corpo parla di noi anche se non ne siamo consapevoli e non ce ne curiamo. Siamo libri aperti? Mah, forse sì, fermi a pagina due però.

Ritorniamo al topic della giornata, le risposte. Ci fissiamo sull’avere risposte dando poca importanza alle domande, ma non solo: se le risposte non ci piacciono cosa facciamo? Le ignoriamo. Semplicemente. Le risposte vere non sono mai confuse, non sono mai piene di sfumature. Bianche, nere, al massimo grigie, ma non ti danno adito a dubbi. Le risposte vere son risposte mica bluff.

Quindi mi domando: perché ci incaponiamo sul concetto di risposta, se fin dall’inizio non c’è in noi la minima intenzione, il minimo coraggio, di arrivare al punto per prendere una decisione? Semplice: noi siamo dei bluff.

Al diavolo le bussole, quindi, consegnamoci al Caos dell’Universo che la sa ben più lunga di noi!

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(751) Paura

Le settimane corrono veloci, come le ore di sonno che dovrei fare e che non vedrò mai più. Una cosa curiosa, però, è che nonostante questa settimana sia stata delirante (da ogni verso la si voglia guardare), per me va bene così.

Le cose sono due: ho raggiunto il punto xyz dove la stanchezza non osa neppure avere più una soglia oppure il poter guardare oltre e vederci un futuro migliore mi sta sostenendo come mai prima. Potrebbe darsi tutte e due, in sinergia. Mah.

Focalizzandomi sulla seconda opzione potrei addirittura azzardare che se togli la visione del futuro a un Essere Umano gli togli la voglia di vivere il presente. E dirò di più: il futuro arriva comunque, sia che tu te lo sogni bene o che tu te lo mortifichi per bene. Lui arriverà e si espliciterà nonostante le tue speranze e nonostante le tue paure. Non è che avere speranza tolga la paura, questo no, ma avere paura distrugge la speranza, questo sì.

Vivere nella paura è giustificato solo per brevi periodi, ma alla lunga è intollerabile. Deve essere intollerabile. Se non lo è allora siamo in un bel guaio.

La mia paura esce fuori spesso, ma l’ho sempre calciata un po’ più in là, come se non fosse mai il momento giusto per occuparmene. Sì, sconcertante. O sono folle o sono scema. Una folle scema o una scema folle, molto probabilmente. Comunque sia questa cosa me la devo riconoscere, non c’è niente da fare. La paura la distraggo con i libri, con la musica, con l’arte, con le idee, con l’amore per le cose e per le persone. A lei gira la testa e si mette in un angolo. Appena le passa ritorna in campo e io ancora lì a farle lo stesso scherzo. Ci casca sempre.

Forse il miglior modo di fottere la paura è dedicarsi a qualcosa o/e a qualcuno senza farsi portare via dall’angoscia. Forse altro modo non c’è. O almeno, io ancora non l’ho trovato.

Contare tutte le facce della mia paura non serve a niente, sono più numerose di me. Contare tutte le possibilità per distrarle mi aiuta a calcolare il tempo da vivermi. Libera.

 

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(720) Orsetto

Non ho mai avuto un amico orsetto che mi stesse vicino nel momento del bisogno. Avevo i miei fumetti, i miei libri. Non sono morbidi, non sono caldi, sono proprio un’altra cosa. Un orsetto non avrebbe potuto rassicurarmi sul fatto che oltre a quello che conoscevo e che stavo vivendo ci fosse dell’altro, qualcos’altro di magnificamente misterioso e intrigante (come le storie che leggevo) e che quel qualcosa era lì e mi stava aspettando. Dovevo solo crescere un po’.

Ecco, questa cosa mi ha fatto viaggiare su corsie neuronali preferenziali, lo ammetto, ma nel concreto mi ha fatto sbattere il muso quotidianamente contro una realtà che non aveva nulla a che fare con quel misteroso-e-intrigante che sognavo – anzi tutto il contrario – eppure senza mai dubitare del fatto che la parte migliore doveva ancora arrivare e che mi stava aspettando.

Aspetta che ti aspetta ho affrontato diverse avventure – nel vero senso della parola – e seppur io mi sia pure divertita oltre che fatta il mazzo tanto, mai neppure per un istante quella tensione frizzante e deliziosa che trovavo in quelle storie si è verificata. Mai. Neppure da lontano. Neppure quando ero emotivamente coinvolta, niente di niente.

Ho pensato che probabilmente peccavo di sensibilità e che fosse mia responsabilità andarmele a cercare queste sensazioni mirabolanti, infatti continuavo a pensare che fossero lì da qualche parte e che mi stessero aspettando. Sta di fatto che odio aspettare senza fare niente per cui mi sono data piuttosto da fare per andare loro incontro, con molto impegno mi permetto di aggiungere. Anni e anni di situazioni assurde e spesso grottesche, di scivoloni e ridicoli errori, di incontri tristi-scellerati-stupidi-inutili, ma niente.

Quindi, facendo due conti veloci, le cose possibili sono due: o il  misteroso-e-intrigante non sono lì ad aspettarmi (e neppure sanno della mia esistenza) oppure mi stanno deliberatamente ignorando – per lecite ragioni, perlamordelcielo, ma senza un briciolo di compassione o umanità.

Qualche tempo fa decisi che mi sarei fermata, basta andare incontro alle mie allucinazioni, facciamo che il misteroso-e-intrigante non li voglio più. Un po’ mentendo e un po’ con convinzione, metà e metà diciamo. Non mi sono ancora spostata da questa perentoria autoimposta decisione, e non me ne pento. Però, stasera, stavo pensando che se fossi stata come tutti i bambini intelligenti di questa terra, mi sarei fatta regalare un orsetto perché a questo punto sarebbe lui a rassicurarmi sul fatto che anche così va bene. Non troppo, ovvio, ma potrebbe pure andare peggio.

Prossima volta nasco più intelligente.

 

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(700) Frutto

Il risultato della mia attività mentale, spesso, dà un + o un – (raramente un x e di tanto in tanto un : ) questo riduce le possibilità d’azione e mi costringe a valutare fin nel dettaglio la rosa delle scelte a mia disposizione. Non è piacevole, non è comodo, non è facile, eppure un allenamente di questo tipo ti prepara bene non solo a quello che sarà ma anche a quello che è.

Il guadagno che ottengo lo re-investo e dopo decenni sto vedendo dei risultati. Dove voglio andare a parare? Semplice: prima semini e poi raccogli. Concetto di una banalità sconcertante, ma che molti giovani oggi pensano di poter ignorare soltanto perché loro sono già bravi, già pronti per la conquista del mondo. Lo so che quando parlo così posso essere scambiata per una ottuagenaria brontolona (chi ve lo dice che io non lo sia davvero?), ma com’è possibile che il frutto dell’esperienza sul campo sia ritenuto soltanto un dettaglio? Il sapere dei libri è una base fondamentale per affrontare il percorso lavorativo, ma non si ferma tutto lì… è lì che tutto inizia! 

Altri scopi, altre motivazioni, altre ambizioni, altri campi da esplorare. Tanto altro. 

E si prendono di nuovo in mano i libri, sì perché non si finisce mai di imparare, e al contempo si fa. Farefarefarefarefarefarefare… con la testa e con il corpo, si fa senza scuse, senza giustificazioni, senza paraocchi, senza perdere un colpo. Prendi in mano l’orgoglio e lo usi per non farti calpestare non per smettere di imparare. Quello che sai già non basta, non basta mai. Sai solo una parte, una piccola parte, il bello deve ancora venire, fidati. Fidati. 

Gioca d’umiltà. Fidati. Gioca pulito. Fidati. Gioca per ampliare la tua conoscenza e vedrai che vincerai. Non puoi che vincere partendo dai giusti presupposti. Quando guardo certi giovani talenti e li confronto con la me adolescente di un tempo vedo il salto quantico che la nuova generazione ha saputo compiere – suo malgrado, temo – e al contempo il vuoto di significati con il quale si trova a combattere. Una desolazione. Da dove iniziare per arginare il danno e aiutarla a colmare il vuoto? Io credo fortemente nell’ascolto e nella presenza, anche quando sembra impossibile, anche quando sembra una perdita di tempo, anche quando il feedback è mortificante. Col tempo, con la pazienza, con la voglia di essere utile. Secondo me si può. Possiamo raccogliere i frutti della nostra semina, prima o poi (ovvio).

Non tutti i vuoti devono essere colmati, ma alcuni vuoti non possono essere ignorati. Mai.

 

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(617) Studiare

Una cosa che mi manca davvero è prendere in mano un libro per studiare. Sono mesi che non riesco a farlo, mi manca. Mi manca lo stupore che mi prende ogni volta che incontro qualcosa che non conoscevo, specialmente quando lo incontro dentro un libro dove mi viene spiegato il cosa, il come, il quando, il dove, il perché… mi manca.

Solitamente prima di andare a letto mi leggo qualche pagina, ma ultimamente sono così stanca che non arrivo neppure alla fine della prima pagina. Crollo, letteralmente.

Quando dovevo studiare, dovevo impegnarmi, dovevo obbligarmi a imparare, dovevo memorizzare per affrontare un esame, era tutto pesante e mortificante. Quel dovere non mi ha mai dato la gioia dell’imparare, un vero peccato. Quando cominciai a scegliere le cose che volevo imparare, che volevo capire e volevo ricordare, cambiò tutto. La soddisfazione di assistere alla crescita della mia capacità di comprendere e di vedere e sentire e gustare meglio quello che mi circonda, non ha prezzo. Necessita molta di energia e lucidità, la stanchezza devastante non aiuta.

Se mi leggesse ora un mio vecchio prof delle superiori forse si stupirebbe. Segno che di me non hanno mai capito niente, non gliene è mai importato nulla di capire (né me, né la maggior parte dei miei compagni), capita a scuola molto spesso. E se guardo la pila di libri che devo ancora leggere mi vengono le vertigini. Riuscirò a capire tutto quello che c’è lì dentro? Riuscirò a ricordarmelo?

Ecco, queste ultime due domande sono il frutto della paranoia che proprio a scuola mi è stata inculcata: sarò abbastanza intelligente da approcciare questo argomento e capire di cosa si tratta? In poche parole sto ancora combattendo contro quel mostro disumano che in anni di scuola mi hanno aiutato a costruire e che ancora mi spaventa.

Ogni libro letto, ogni pezzettino di conoscenza acquisito è una vittoria per me. Butto al tappeto il mostro e sorrido. Quasi quasi mi metterei dieci e lode.

Una pacca sulla spalla, un “Brava Babs, well done!”, basta poco per riprendersi in mano, no?

 

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(602) Rallentare

Si fa presto a dirlo, ma mi è difficile anche solo concepirlo. Non ho tempo per fare tutto e non posso fare meno di così altrimenti non ci sto dentro. Così, in loop. C’è da domandarsi come io ancora non mi sia totalmente fusa. Mi lamento di come son messi i miei neuroni, ma a vederla bene son fin troppo gajardi per come li ho sfruttati in questi anni. Senza ritegno, davvero.

E allora come si fa a rallentare? Cosa devo mollare per poter occuparmi semplicemente di me?

Non lo so, non ho ancora trovato la risposta. So che ci sono vicina, però. Non so quanto ci metterò per fare i metri che mi mancano. So che non posso accelerare e so che devo per forza rallentare. Ma tutto ciò non mi aiuta.

Certo cadere distrutta a letto come se non avessi un domani è piuttosto ridicolo. Non si può neppure sentire che io già alle 22.00 stia cascando dal sonno, che io riesca a malapena a digitare qui due pensieri – per altro patetici al 90% – e che appena toccato il cuscino manco il tempo di spegnere le luce che già non esisto più. Che ne è di quella che stava in piedi tutta notte a scrivere e che carburava a meraviglia appena la luce del sole calava al tramonto? Sparita. Sembra incredibile.

Fatto sta che ho una pila di libri da leggere, libri belli-interessanti-utili, che non accenna a consumarsi perché dopo due pagine devo chiudere e buonanotte. Ma se continuo così non ce la farò mai a leggerli tutti! Sarebbe un disastro! Uno spreco disumano! Noooooooooooooooooooooooooooooooooooo!

Ok, vado a letto, non ce la faccio più.

Domani ci ripenserò a mente fresca. Tra una corsa e l’altra, ovviamente.

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(562) Kindle

E chi l’avrebbe mai detto. Chi? Io no di certo.

Io che guai a chi mi tocca un libro. Io che anche se il libro l’ho letto e non mi è neppure piaciuto faccio una fatica boia a lasciarlo, a darlo in prestito. Io che se devo scegliere tra un libro e un vestito, scelgo di spendere i miei pochi soldi nel libro, cascasse il mondo, a costo di girare per un mese con gli stessi indumenti addosso. Chissenefrega, abbasso-la-moda-evviva-la-cultura!

Ecco, io – la stessa io di cui sopra – mi sono regalata anni fa un Kindle, perché non potevo più snobbarlo, dovevo per forza capire perché quella cosa fosse così apprezzata. Dovevo, per una questione di onestà intellettuale. Quindi, dopo i necessari passaggi per registrarsi e memorizzare la carta prepagata (rigorosamente, perché va bene fare danni ma una regola ci vuole), eccomi lì a scegliere dalla enorme vetrina di Amazon qualcosa che potesse interessarmi. Ok, inutile andare oltre, confesso che ho nel mio Kindle circa 600 libri e che ne ho letti soltanto 200. Confesso che quando mi arrivano le superofferte del giorno, due volte su cinque, se non ci fosse Bezos che mi avverte che quel libro l’ho già acquistato nel 2001 io me lo ricomprerei di nuovo – la cosa peggiore? Anche se me lo sono già letto perché non me lo ricordo manco pe’ niente.

Detto questo, negli ultimi mesi mi sono comperata una ventina di libri cartacei che sto leggendo alla faccia del mio povero Kindle. Sì, lo so, sono una brutta persona, ma se i libri non ce li ho davanti al naso io me li dimentico. Mi devono proprio guardare in faccia e dirmi “Ao’ sto a fa’a muffa!” e allora io accorro e provvedo. In tutto questo e nonostante tutti i miei limiti, affermo con forza che io AMO il mio Kindle e che appena finisco ‘sta pila sul comodino me ce metto sotto con la lista quasi-infinita che c’ha dentro dei libri spettacolari, giuro.

Mi basterà questa vita o ne devo prenotare un’altra?

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(521) Biblioteca

Nella mia biblioteca non esistono generi, ma solo storie. Ci sono storie che amo così tanto che dopo averle lette soltanto una volta e essermene innamorata non oso rileggere mai più.

Ci sono libri che ho dovuto mettere in scatoloni perché non ho più spazio e di questi scatoloni sono riuscita a distribuirne alcuni affinché trovassero nuovi padroni. Pensavo fosse più difficile, non lo è stato forse perché ho lasciato andare quelli che ormai avevano fatto di me qualcosa che ho superato. Sì, è così, altrimenti mi mancherebbero e invece non mi mancano affatto.

Non ho mai preso in prestito da una biblioteca troppi libri, alcuni sì perché ero sicura non mi avrebbero appassionato, ma se per caso mi sbagliavo li restituivo immediatamente e me li andavo a comprare. Un libro che porta le impronte di qualcun altro (magari di decine e decine di altri) non è un luogo dove amo stare. Deve tenere traccia dei miei polpastrelli sopra, per forza. Certo che se avessi per le mani un libro con le impronte di un Essere Umano fuori dal comune, allora lo terrei stretto senza osare leggerlo, soltanto per adorarlo. Sono fatta così.

Nella mia biblioteca un tempo c’erano più romanzi e meno saggi, ma più scrivevo e più faticavo a trovare romanzi su misura per me e quindi per un periodo ho deciso che dovevo conoscere meglio il mondo anche attraverso l’esperienza e lo studio riposto in pagine che raccontano di pensieri e di fatti e di scoperte senza essere romanzati, e non mi sono ancora fermata. I romanzi che leggo sono scritti da autori che amo – fior fiori di menti sopraffine – e non sono molti, ma così preziosi.

Anni fa, non avrei mai immaginato di poter sostituire un libro con un kindle, e infatti non è successo, ho potenziato la portata dei libri cartacei con gli e-book. Credo sia una meraviglia, doppio godimento.

Non sono mai entrata di una biblioteca enorme e magnifica, mi piacerebbe fare un tour mondiale dei contenitori di libri più belli esistenti: la British Library, la Biblioteca Civica di Stoccarda… ma sono sicura che niente può assomigliare anche solo minimamente allo splendore della mia biblioteca personale. Perché? Perché parla di me, di chi sono. Lo so, sono un’egocentrica… tu no? Prova a farti una biblioteca e poi mi dirai.

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(166) Libri

Ho libri sparsi ovunque in casa perché in cantina l’umidità me li rovina. Averli sparsi per casa all’inizio mi infastidiva, dopo mesi che subivo quel fastidio ho tentato di staccarmene. Dal fastidio, intendo. Pensavo di esserci riuscita, ma ora che sto sistemando la cantina m’è presa una cosa allo stomaco che non si può capire.

Non vedo l’ora di riaverli tutti ordinati con santo criterio e vedermeli lì al sicuro. Mi fa stare male saperli accatastati alla bell’è meglio (solo perché non ho spazio a sufficienza per sistemarli come vorrei). Non l’ho superato per nulla il fastidio, mi sono presa in giro per sopportarlo meglio, tutto qui.

Ho capito questo e ho fatto una scansione veloce alla mia vita: quanti altri fastidi mi sono detta di aver superato soltanto per sopportarli meglio? La risposta, del tutto sommaria, mi ha sconvolto.

Urge azione decisa e definitiva.

 

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(108) Leggere

Tanto tanto tanto tempo fa sognavo di possedere un potere speciale. Mi interessava così tanto l’Essere Umano (nella fattispecie la sua mente e il suo spirito) che espressi il desiderio di poter leggere il suo animo..

Bacchette magiche e incantesimi non sarebbero bastati, lo sapevo già, anche se ero molto molto molto molto giovane. Lo sapevo già.

Quindi iniziai con il farmi terreno fertile per l’intuizione. Misi in allerta tutti i sensi per imparare, ascoltando e osservando, chi mi stava attorno e cercare di carpirne pensieri e desideri.

Non era mia intenzione varcare la soglia dell’intimità del mio prossimo, ma era conseguenza inevitabile. Anche se il mio interesse era quello di farli stare bene, invadevo silenziosamente territori che non mi appartenevano. Conscia di questo io stessa divenni per gli altri terra off-limits: promisi a me stessa che nessuno avrebbe mai invaso i miei pensieri e i miei sentimenti.

Mantenni la promessa in modo quasi del tutto coerente, caddi un paio di volte nella trappola di chi pensavo fosse pianeta affine e l’errore mi costò caro.

Nel frattempo, però, ebbi modo di sondare perfettamente la mia terra e mi scoprii molto molto molto molto simile a chi avevo incontrato e sondato nei miei anni di studio. Caddero colonne di pregiudizi e di egoici marasmi interiori. Fu come liberarmi per rimettermi in pari con l’Umanità.

Leggere i libri perfeziona il mio studio degli Esseri Umani. Solo che non invado alcun territorio, mi faccio invece conquistare. Senza correre alcun rischio, per di più.

Impagabile libertà.

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