(840) Nebbia

Cade in silenzio, copre tutto, ma non fa scomparire nulla. Sai che appena si alzerà tutto sarà ancora lì dove i tuoi occhi lo hanno lasciato. Può addirittura comparire qualcosa che prima non c’era o qualcosa che prima non ti era così evidente. In fin dei conti la nebbia è una possibilità che ci viene data per sorprenderci ancora del mondo. Che è lì, che non se ne va soltanto perché è stanco di noi. E credo che il mondo sia stanco di noi. Credo.

Una delle storie che per prima si è impossessata di me, quand’ero alle elementari, parla di un ragazzino che cammina nella nebbia. Non vede niente, non sa dov’è e non sa che direzione prendere. Si ferma e inizia ad ascoltare quelle goccioline sospese che lo stanno togliendo dalla vita che gli stava attorno poco prima, forse per dagli un attimo di pace. Quel ragazzino pensava e soppesava ogni pensiero, sostenuto da quel torpore misto a inquietudine. Perché quando non vedi cosa ti sta attorno non è che ti senti proprio benissimo. Poi passa, la nebbia si solleva e lui ritorna al mondo. 

Ci sono periodi nella vita di ognuno dove la nebbia cade, prima tutto chiaro e poi di botto il nulla, non ci vedi più. E l’inquietudine comincia a crescere e il torpore si intensifica. Non ti riesci a muovere e i pensieri sono più pesanti, ti schiacciano, perché in quel silenzio, in quella sospensione, in quel non essere del mondo, diventano l’unica presenza su cui fare affidamento: ti devi concentrare su te stesso su cosa senti e non su quello che vedi.

Poi passa, com’è arrivata la nebbia se ne va. Il mondo si rifà presente, le distrazioni ti portano di nuovo un po’ distante da te – che mica è una brutta cosa – e ricominci a muoverti. 

Bhé, tutto questo discorso va a parare qui: la nebbia, come la pioggia, non è per sempre. Arriva e se ne va. Non sai il perché o il percome, è lei che decide. L’unica certezza è che non scompare nulla. Il che può essere un bene o un male, dipende da come la sai prendere. Il dettaglio fondamentale? Sei tu che decidi di esserci o meno. La nebbia non c’entra un bel niente. Sappilo. 

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(164) Sangue

La volta che, dopo l’operazione alle tonsille, ho avuto quell’emorragia indolore che non si fermava più è stata la peggiore. Uno shock.

Il posto migliore per il sangue è dentro il corpo, quando esce non è un buon segno. Partendo da questo presupposto, ogni volta che mi capita di vedere del sangue uscire da un corpo la mia testa inizia a tremare. Curiosamente sono dotata di sangue freddo, reggo bene le emergenze, poi crollo.

Il sangue, però, è quella cosa che non ci fai caso quanto sia vitale finché non ne perdi abbastanza da rischiare di restarci secco. Siamo tutti fatti di sangue, sempre lo stesso anche se diverso per sfumature, e tutti noi ce ne dimentichiamo. A meno che tu non abbia i reumatismi. Allora sì che sei costretto a farci caso, perché mentre ti scorre dentro, quel sangue ti provoca fastidio.

Avercelo nel sangue, che lo si dica di una cosa o di una persona la sostanza non cambia. La condizione è senza via d’uscita: è nata con te e con te morirà.

Ho idea che questa cosa abbia in sé un messaggio che io ancora non colgo, eppure so che è un messaggio indirizzato proprio a me. La cosa mi inquieta.

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF