(935) Resurrezione

Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia.

(Alberto Moravia)

E ci sono cambiamenti sottili che preparano quelli più importanti, comunque sia il processo è irreversibile. Un riposizionamento, un rinnovamento, una resurrezione. Questo è il cambiamento di cui parlo.

Non divento un’altra persona, divento meglio quello che sono perché lascio andare vincoli e filtri che fino a ora mi hanno intrappolato, mi hanno fatto assumere sembianze innocue e neutre che potessero mettere a proprio agio gli altri, quelli che vanno in crisi davanti al valore del loro prossimo.

Una resurrezione presuppone una morte. La morte di quel che era la mia armatura fino a ieri, la depongo vuota per girare nuda. La forza della nudità di pensiero che metto in campo senza più il timore che venga considerata debolezza è la nuova scoperta. Una rinnovata libertà, senza né porte né finestre.

Non torno tra gli altri per risistemarmi nella mia casellina, parte dell’archivio umano, ma mi permetto di girare tra gli scaffali e mettermi un po’ dove mi pare, magari non troppo a lungo, se non serve. Se non serve.

L’utilità di questo muovermi dovuto alla mia resurrezione è fine a sé stesso, non ha obiettivi di conquista del pianeta o di arrampicate verticali dove arrivare lassù ti assicura visibilità e potere. Libera ma innocua per il potere altrui. Libera e innocua. Soprattutto libera.

Buona Resurrezione a tutti.

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(212) Dettaglio

Ecco, fa la differenza. Guardare il mondo nel dettaglio, intendo. Che non significa notare tutti i dettagli del mondo, diventeremmo pazzi (se non lo siamo già), ma significa focalizzare l’attenzione su un dettaglio del mondo per aprirlo – come un fiore si apre al sole – e rimirarselo in profondità. Questo fa la differenza.

Come quando decidi di mettere a fuoco un sentimento e stai lì a scavare per venirne a capo. Capire può darci sollievo. Può.

Mi intigno molto sui dettagli, uno per volta – altrimenti non vale – e me li giro e rigiro nella testa, proprio tra gli occhi e il naso e poi la gola e tra le orecchie, tanto da sentirlo viaggiare come la pallina di un flipper. Dling e dlong e dopo un po’ sei rintronato. Allora fermi la pallina e fermi il rumore e il fastidio e lo stordimento.

Ci dormi su.

E quando dopo un po’ – o anche dopo un bel po’ (non sono mai troppo veloce nelle mie riflessioni) – la riprendi in mano quella pallina la vedi nel suo intero. Lì il silenzio si espande. Lì capisci. Capire è la conquista. Tutto il resto è noia o mal di testa.

Il dettaglio fa la differenza, ripeto.

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