(764) Canestro

In questo momento vorrei parlare di molte cose perché oggi ho molte cose da dire, ma sono tutte confuse, sono tutte accavallate una sopra l’altra e non riesco a metterle in ordine. Non riesco a scriverle. Non è tempo, evidentemente. La scrittura mi ha insegnato la pazienza e mi ha anche insegnato ad arrendermi di fronte all’evidenza: i tempi non sono quelli che voglio io, sono quelli che vuole lei (la scrittura appunto).

Mi ronza in testa però l’espressione “fare canestro”, che è qui per dirmi qualcosa, anche se non so di preciso cosa. Forse si riferisce a quando ho una sensazione e questa si rivela esatta. Quando inquadro una situazione e questa si palesa in tutta la sua natura. Quando dico e si avvera. Penso e si concreta. Taccio e si conferma.

Sono certa che succede a tutti, non è che sono dotata di poteri paranormali, ma forse non tutti se ne rendono conto perché gli non prestano attenzione. Per quanto mi riguarda quel fare canestro mi permette di non dare per scontato certi dettagli, quelli che mi stanno parlando e che io sto leggendo e interpretando.

Mi sembra assurdo, ma è corretto. Dubito della mia lucidità, ma è corretto. Metto in discussione ogni grammo di me stessa, ma è corretto. Corretto non significa Hurrà che bello!, potrebbe anche evidenziarsi come una brutta cosa (anche molto brutta), ma rimane corretto il messaggio che ho intravisto e la realtà non si cambia. Fortunatamente sono abbastanza vecchia per sapermi arrendere all’evidenza.

Faccio canestro spesso, ma non c’è nulla di che vantarsi, c’è solo da prestare attenzione perché si è sempre sul punto di prendere un granchio. Discernimento e cautela permettono al messaggio di farsi chiaro al tempo giusto, né prima né dopo. Solo che una volta che lo hai letto, girarsi dall’altra parte è codardia e con questa ci devi per forza fare i conti anche se pensi che nessuno se ne sia accorto.

Fare canestro… Eh. Davvero una bella cosa.

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(758) Singhiozzo

Le cose che mi fanno incazzare sono tante e sono sempre di più. Non sono mai stata troppo zen, ma ultimamente sto peggiorando. Me ne devo preoccupare? Ecco, forse la cosa più preoccupante è che non credo io me ne debba preoccupare. 

La cosa peggiore è non riuscire a pensare in santa pace. Tutto mi disturba, ma proprio tutto. I rumori, i suoni, le interruzioni, gli accapo. Tutto. Mi riduco a pensare a singhiozzo, con la sensazione di non completarne uno che uno giudicabile minimamente valido.

Nella pratica, nei fatti intendo, non è così veramente, addirittura sto sfornando pensieri a più non posso, addirittura riesco a realizzarli, addirittura riescono pure a piacermi… ma la mia percezione è alterata. Se vogliamo dirla tutta la mia percezione in generale è alterata. Non sento più come prima. Non è più niente come prima. Come prima quando? Non lo so! Prima e basta! [ndr. notare il picco d’isteria che ormai è diventata una mia caratteristica preponderante]

Dovrei preoccuparmi anche di questo, me lo sta suggerendo la coscienza, ma i pensieri vanno altrove, non so dove, ma comunque altrove. Vanno a precorrere i tempi, accelerano in flashforward inquietanti dove i miei punti di riferimento ballano la rumba in modo ridicolo anziché sostenermi.

Mi rendo conto che tra i post più inutili che io abbia finora scritto questo vince di brutto, ma descrivere esattamente questo fastidio che mi mangia in testa è una sfida che ancora non posso vincere. Magari la capirò meglio tra un po’. Magari mi si svelerà l’arcano quando sarò già cambiata e non mi servirà più a niente o magari no. So solo che questa confusione, in questo preciso momento, mi fa incazzare perché non so da che parte prenderla.

Ecco – Hic!

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(423) Juke-box

Monetina, scegli la canzone, pigia il tasto e… musica. E ti compravi così due/tre minuti di spensieratezza o di nostalgia o di quello che ti sembrava potesse farti stare bene, per un po’. 

Un gesto che facciamo tutti e che facciamo continuamente, anche se non ce ne rendiamo conto. Monetina, scelgo la canzone, pigio il tasto e… musica. E quando parte la musica tu stai lì per un po’ e ti immagini qualcosa, qualcuno, che c’era e non c’è più, o che non c’è mai stato e non ci sarà mai, o che potrebbe comparire all’improvviso per cambiarti la vita. Ci concediamo un sogno mentre dondoliamo la testa, mentre ciondoliamo il corpo seguendo un ritmo, una melodia che veste il nostro sentire/sentirci per un po’.

Credo che a nessuno dovrebbe essere tolto un sogno, mai, in nessun modo. Sarebbe come togliere le note da un pianoforte, togliere le ali ad una rondine. Non si fa, non si fa e basta.

So che spesso questi miei pensieri notturni si fanno confusi e tumultuosi, lo so, ma sono nati così e così voglio che rimangano, fissati dai pixel che di poco si allontanano dall’inchiostro che amo tanto. E se parlo di Juke-box e di sogni, di nostalgia e monetine e sentimenti, non è perché non so dove andare, ma perché dove vado ci sono tutte queste cose insieme e molte altre che non si fanno tradurre e prenderle troppo sul serio sarebbe da pazzi ma ignorarle ancora di più.

Nel mio Juke-box le monetine scendono con intenzione, la musica non è mai casuale e la nostalgia si mescola al resto come se non ci potesse essere nient’altro a sollevarmi dalla terra. Forse non sarà il miglior sistema per gestire i pensieri, ma è abbastanza per decorare a modo mio questa vita che semplice non è. Mai.

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