(790) Vicolo

Non tutti i vicoli sono ciechi. Non tutti i vicoli ciechi lo sono sul serio. In tutti i vicoli ciechi, comunque, si può fare inversione di marcia per uscirne. 

I vicoli servono a collegare una strada principale con una secondaria, o due secondarie, o due principali, insomma… sono un collegamento. Sono una scorciatoia, spesso. Tagli passando da lì per arrivare là. Seguendo questa logica posso affermare serenamente che non ho fatto altro che passare da un vicolo all’altro senza mai arrivare alla strada principale, a volte sono incappata in una secondaria, ma non è durata mai troppo. Che ridere.

Devo dire che per certi versi i vicoli fanno meno paura, anche se in certi momenti sanno essere bui e minacciosi e ti tremano le gambe ad attraversarli. Te ne accorgi, però, sempre quando ti ci trovi dentro, in mezzo, e via di bestemmie. Ho quasi l’impressione che a forza di conoscere l’ambiente io mi sia un attimo adagiata. Insomma, so come ci si muove tra i vicoli e rimanerci dentro non mi sembra così male. Forse mi sbaglio. Forse me la sto raccontando perché è l’unico modo per ignorare la paura di ritrovarmi allo scoperto, alla luce.

Forse.

Certo che dovrei smetterla di pensare. Anziché alleggerirmi le cose sembra che ogni volta che m’immergo nelle mie miserie queste siano le uniche a contare davvero qualcosa. Il buio di questo vicolo non mi fa bene. Per niente.

 

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(755) Intermittenza

Andiamo a intermittenza. Andiamo a intermittenza e ci stupiamo che gli altri non stiano ai nostri luce/buio come vorremmo. E che devi fa’ della tua vita se non star dietro al mio umore? Cosa? Lo shampoo?

E finché è l’umore va ancora bene, pensiamo a cosa succede quando ad andare a intermittenza sono i nostri sentimenti. Ti amo/non ti amo, ti odio/non ti odio, ti voglio/non ti voglio, ti penso/non ti penso… delirio costante.

Se ce lo tenessimo per noi non sarebbe poi un gran difetto, ma onorandone il culto lo imponiamo a chi ci sta accanto. Lo facciamo andare su e giù come uno yo-yo, lo facciamo girare e pirlare come se fosse un burattino, lo facciamo parlare o lo zittiamo come se il suo esserci dipendesse da noi. Aguzzini spudorati, ecco cosa siamo.

Eppure pretendiamo sicurezza, solidità, coerenza, fedeltà, da chi abbiamo vicino. Se mi ami ora mi amerai per sempre. Anche se ti prendessi a calci in culo, ormai hai promesso e son cazzi tuoi. Belle cose, davvero. Facciamo della scostanza la nostra religione e calpestiamo il diritto a cambiare idea, cambiare il proprio sentire, cambiare opinione, cambiare pelle – se serve e certe volte serve proprio – di chi ci sta attorno. Tutti traditori, ma noi no.

Accendi e spegni la luce facendomi girare nella stanza e sbatto contro tutto e mi sto facendo male, ma tu accendi e spegni la luce finché mi scoppiano gli occhi e non riesco a vedere più niente. Chiamala crudeltà mentale, tesoro, non amore.

Se qualcuno avesse il coraggi di dirlo, se qualcuno avesse il coraggio di staccarsi dall’interruttore nel sentirsi rivolgere queste parole, forse – dico forse – le cose potrebbero migliorare. Voglio essere ottimista, stasera, voglio accendere la luce.

 

 

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(605) Team

Credo sia arrivato il momento per me di riflettere su quello che è stato il percorso professionale più shakerante della mia vita fino a ora – e spero sia una strada che continuerà per qualche tempo almeno. Mi è indispensabile ogni tanto fare il punto della situazione, le cose sono sempre tante e sempre complicate perché se le vuoi conoscere a fondo non ti puoi accontentare di quello che ti passa sotto il naso.

Lavorare assieme agli altri comporta rischi e dolori imprevisti perché l’Essere Umano è imprevedibile e come tale è un rischio per se stesso e per chi gli sta attorno. Alcuni rischi si esplicitano in eventi concreti e questi possono causare dolore, dolore tangibile e non semplici paranoie autocommiseranti. Per molti anni ho incontrato altri Esseri Umani raggruppati per interessi comuni, non ne sono mai uscita bene, e questo è un dato di fatto: la mia vulnerabilità – per la maggior parte del tempo dissimulata con successo – è la mia peggiore nemica.

Non parlo di sensibilità, sensibili lo siamo tutti, ma di vulnerabilità e non tutti sono vulnerabili anche quando sono molto sensibili. Non sono sinonimi, sono due condizioni che si possono vicendevolmente accompagnare ma che non necessariamente sono legate tra di loro.

La vulnerabilità di ciascuno di noi fa capo al sentimento che nutriamo nei nostri confronti – ognuno nel suo intimo – e questo sentire può essere camuffato in talmente tanti modi diversi da non farsi trovare se non siamo ben motivati a scoprirlo. Il salto nel buio è evidente: come faccio a maneggiare quello che andrò a scoprire? Ecco, se ci penso mi viene già l’ansia. Esatto.

La cosa più spaventosa, però, è che non arriverai mai al nocciolo della questione se non ti metti in rapporto diretto con gli altri e no, non con un Essere Umano per volta, bensì con un gruppo di persone e tutte insieme. Devi immergerti nel caos emozionale di più Esseri Umani che entrano in collisione e che fanno scintille, ed essere devastato a sufficienza per scoprire che cosa in realtà senti per te stesso.

Il punto è chiaro: se il giudizio che pesa su di te arriva dal mondo esterno, ma questo giudizio tu non lo condividi, non ne verrai detronizzato. Se chi ti sta attorno ha un giudizio su di te duro che entra in risonanza con quello che tu stesso pensi di te – magari inconsciamente – allora il dolore e lo smarrimento e la rabbia e la frustrazione avranno la meglio. Potresti sbriciolarti, sappilo.

Lavorare in team è un’esperienza incredibile, ma se non sei disposto ad andare in fondo a te stesso per scoprire che sentimento nutri nei tuoi confronti, lascia stare perché se non ti offri onestamente non meriti onestà e il team potrebbe diventare un inferno.

Sono felice di essere riuscita a guardare nel mio abisso… in tutta sincerità pensavo fosse peggio.

Eh.

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(313) Emozioni

A sentire tutti, di emozioni è pieno il mondo. E poi ti viene voglia di lasciare morire un Essere Umano per strada perché hai altro a cui pensare. Sto dubitando del reale peso che un’emozione fa cascare dentro di noi.

Le andiamo a cercare correndo a 250 all’ora in autostrada, filmandoci per far vedere a tutti quanto siamo fighi su YouTube, e le scansiamo quando ci finiscono addosso – più per sbaglio che per volere.

Abbiamo grande considerazione di quelle forti, schiacciamo quelle leggere perché non ce ne facciamo niente di quello che è alla portata di tutti. E possiamo ridere delle emozioni altrui e nascondere le nostre quando ci scoprono meschini.

Ci fa rabbia che siano loro a decidere di noi, le sfidiamo continuamente e se prendono il sopravvento le affondiamo con il vino, così tacciono almeno per un po’.

Chi le vive in silenzio  le protegge, le nutre, le gusta. Anche quando sono troppe o troppo poche, quando sono troppo forti o evanescenti, quando sono opportune e quando fuori posto. Nominarle una ad una per domarle? No, forse solo per riconoscerle quando ci prendono nel buio e siamo senza difese.

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(97) Illuminare

Non è mia intenzione condannare il buio. Il buio è la condizione in cui il nostro corpo si può rigenerare per farci affrontare di nuovo la luce , e quindi il giorno. Se, però, vogliamo allargare un po’ il concetto, nell’oscurità ci sono i nostri mostri personali. Illuminare la zona li dovrebbe far scomparire, questo ci hanno detto.

Ci hanno mentito. Evidentemente.

Non sto qui a puntare il dito su chi e su come ci hanno preso in giro e continuano a farlo. Sono bravissima a polemizzare, ma ora non ne ho voglia. Fatto sta che non basta illuminare la zona per risolvere il problema mostri. Ti piacerebbe, eh? No, una volta che li hai illuminati dovresti pure affrontarli. Affrontarli non significa che li sconfiggerai, non tutti almeno.

Credo che ci siano mostri che son con noi per restarci. Altri meno, quelli li possiamo anche combattere e sconfiggere se facciamo sul serio. I mostri che restano, illuminati, si fanno più furbi (appunto perché illuminati) e son cazzi. Vorrei dirlo in modo più elegante, ma non me ne viene nessuno al momento. I mostri sgamati si infastidiscono di tutta quella luce e si attrezzano al punto da darti il tormento in modi che tu manco ti immagini.

Da lì parte la mia riflessione di stasera: illuminare tutto è proprio proprio proprio necessario?

No.

Se, però, non lo fai manchi di coraggio e un po’ (dentro di te) inizi a farti schifo. Ecco, questo colpo di coda potrebbe rovinarti la vita. Bisognerebbe farci i conti prima di prendere la decisione di restare al buio.

Che poi sbatti il naso contro la porta, il mignolo nella gamba del letto, il ginocchio sullo spigolo del comodino.

Accendi la luce, dai!

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