(260) Vulnerabilità

Mi sono sempre impedita di colpire un punto vulnerabile del mio avversario. Forse perché non mi sono mai misurata con nessuno che volessi definitivamente far fuori, ma ho ricevuto parecchi colpi quasi-letali a cui sono sopravvissuta (certo) e che mi hanno fatto capire che dall’altra parte la voglia di farmi fuori c’era eccome.

Lo dico davvero: credo fermamente che quando ci si trova faccia a faccia con un antagonista esiste il lecito e il non-più-lecito. Qualcosa che assomiglia al fair play, ma che è ancora più profondo. Più sacro.

Quando il tempo ha fatto il suo lavoro e la ferita quasi letale si è cicatrizzata, ogni tanto il ricordo si affievolisce, diventa meno duro. Di solito. Eppure, mi risulta impossibile offrire una seconda possibilità. Mancherò di spirito cristiano (ma non è mai stato un mio cruccio dimostrarmi o meno cristiana), ma dare a chiunque la possibilità di colpirmi per la seconda volta – considerato che il mio punto debole si è rivelato – mi sembra una dichiarazione di imbecillità. Un suicidio.

Ecco, preferisco andare cauta. Grazie.

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