(1051) Garanzia

Nessuna garanzia che quello che esprimiamo a parole venga recepito in modo corretto. Quel ponte è fragile, come tutti i ponti del resto. Bisogna che ce ne rendiamo conto una volta per tutte: tutti i ponti sono estremamente fragili. Necessitano di manutenzione continua. Non li puoi dare per scontati, non li puoi lasciare lì e basta, non durano per sempre, devono essere rinnovati.

Nessuna garanzia che quello che proviamo sia qui per restare. I nostri sentimenti possono rafforzarsi o smorzarsi grazie o a causa di molte cose, molte moltissime cose che non possiamo controllare. E una volta che se ne sono andati fanno fatica a ritornare, perso il vigore (odio o amore che sia) non sono più utili a nessuno.

Nessuna garanzia che quello che hai oggi tu lo possa avere anche domani. Darlo per assodato viene a tutti molto naturale e quando la perdita si concretizza siamo sempre sorpresi, siamo sempre offesi, sempre indignati con il Destino che ce lo ha voluto togliere (anche se non gli davamo nessun valore, anche se non lo abbiamo mai curato, anche se era buttato in un angolo e ce lo eravamo dimenticato).

Le garanzie, quelle sancite con “soddisfatti o rimborsati” sono ben poche, e bisognerebbe stare attenti alle clausole contrattuali, quelle scritte a carattere 6 che neppure la supervista di Superman saprebbe riconoscerci il marcio. Eppure, prima di fidarci pretendiamo di avere in mano le garanzie del caso. Il che va bene, perlamordelcielo, ma oggi mi domando quali garanzie sarebbero sufficienti per farmi rinascere dentro la fiducia vera, quella che un tempo provavo e che da molto moltissimo non provo più?

Nessuna potrebbe restituirmi quel sentimento, che se ne è andato per una buona ragione e che si è portato via la bella parte di me che poteva abbracciare senza timore.

Mi preferivo prima. Garantito.

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(913) Groviglio

I sentimenti non stanno mai al loro posto, lì dove decidi di metterli. Si aggrovigliano continuamente. Li dipani con pazienza, li suddividi disciplinatamente, scegli quali tenere e quali archiviare e pensi che l’ordine sia fatto. Fucking Wrong.

Il groviglio, per una sorta di incantesimo maledetto, ti si addensa sotto i tuoi stessi attoniti occhi appena ti rilassi un attimo. 

Prendi un capo e l’altro dei sottili fili (tutt’altro che delicati, i sentimenti sono resistenti, son fatti per restare, per questo li puoi archiviare ma non li puoi bruciare sul rogo assieme alla Strega che vive in te), li scorri per snodare quelli che han deciso di incasinarti la vita e di nuovo li sistemi ben tirati davanti a te.

Ti giri e il groviglio ricompare. Sono fili elastici o sono soltanto degli stramaledetti stronzi? Non è dato saperlo. Una questione di metodo o di miraggio? Vallo a capire. 

Pensavo di aver sistemato le cose in sospeso, pensavo di aver ripulito dalla polvere e dalla muffa, pensavo di aver piallato e lucidato a dovere. Pensavo. La mente mente. La mente mente in modo spudorato. La mente mente in modo spudorato e come se niente fosse. 

Il groviglio prende forme strane e si prende spazio. Un groviglio è per sua natura un elemento in espansione. Non se ne resta immobile senza dar fastidio. Si allarga. E la tua mente presa dallo sconforto ti dice che non è così importante, che è così che ormai funziona, che è tutto un incrociarsi e un annodarsi di cose e situazioni e persone e dettagli ed emozioni e tanti disastri e poche gioie e tanti discorsi e pochi fatti. Tutto insieme, tutto confuso, tutto senza senso. Chi te lo fa fare a faticare per niente. Abbraccia la rassegnazione! [esortazione di ben dubbia validità]

Oggi, davanti al mio groviglio sto filosofeggiando prima di rimboccarmi le maniche e ritentare un approccio alla Marie Kondo. 

Fallirò. 

Lo so.

Pazienza. 

Mi posso rassegnare al fallimento di un ordine che non posso gestire, non mi rassegnerò mai al groviglio. Che sia chiaro.

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(889) Vento

Ogni tanto lo sentite anche voi il vento che soffia da dentro? Come se volesse farvi sollevare per trasportarvi altrove. Lo sentite? Io lo sento, ogni tanto lo sento. Difficile da spiegare, ma c’è. Inizia a farsi sentire quando c’è bisogno di staccare (per mille ragioni e magari non tutte buone).

Se la Terra non fosse battuta dai venti (e ce ne sono un’infinità) sarebbe un luogo invivibile. Il freddo e il caldo farebbe di tutti gli Esseri Viventi carne da macello, buono a sapersi direi. L’ho letto anni fa in un libro molto interessante dedicato al vento, con all’interno una miriade di aneddoti spaventosi sulla sua potenza e su quello che può combinare. Sottovalutare il vento non è cosa intelligente.

Anche quello che ci attraversa il sangue, non è da prendere sotto gamba. Potrebbe portarci ben lontani e farci perdere la strada di casa. 

Il vento solleva i veli per farti scoprire cosa c’è sotto, magari l’avevi nascosto lì e te ne eri dimenticata. Capita. Ecco, al vento ‘sta cosa non piace, appena può ti ricorda di guardare dove non guardavi più da tempo. Fastidioso? Può darsi, ma per lui è necessario. Te la devi far andare bene anche se bene non ti va.

Il vento ti spinge o ti respinge dipende se ti soffia contro o a favore. Cambia tutto ovviamente. Ci sono state situazioni in cui per quanto piegassi la schiena per fare massa, non c’era verso di contrastarlo. Due passi avanti (faticosissimi) e dieci passi indietro di volata. Frustrante a manetta. 

M’è successo anche, almeno una decina di volte (epocali) di essere spinta dal vento a favore in braccio (letteralmente) a una situazione che mi ha cambiato la vita. E un paio di volte sono catapultata con forza verso una circostanza che avrei dovuto (secondo il vento) necessariamente abbracciare. Imbarazzante, ma me la sono dovuta giocare anche se mi tremavano le gambe.

Insomma, per farla breve… il vento è qui. Non so che piani abbia, ma lo sento deciso, intenzionato a fare danni. Sì, un po’ sto iniziando a preoccuparmi. Diavolo.

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(650) Compromessi

Decisamente vero. A forza di compromessi si perde la bussola. E io sono sempre stata molto attenta a non cedere in situazioni in cui sentivo che sarebbe stato solo l’inizio e che poi sarebbero stati dolori a ritornare sulla mia strada. La mia strada, sì, perché ognuno di noi ne ha una sua e questa potrebbe anche non incrociare altre strade già troppo battute e bisogna pensarci bene a quello che si lascia o si può guadagnare ad ogni passo che compi. 

Alla mia non più verde età posso dire di aver fatto bene, ho fatto bene perché sono ancora sulla mia strada ed è la mia e io mi ci trovo in equilibrio con dignità intatta. Eppure non è che i compromessi ora non siano più un rischio, lo sono sempre. La mia visione è però cambiata, questo un po’ mi impensierisce. Mi sono accorta che certi compromessi non sono lì per portarti fuori strada, ma per farti guardare meglio la strada. Sembra complicato, ma non lo è, anzi è piuttosto semplice: le cose non sono mai soltanto quelle che vediamo dal punto in cui ci troviamo, sono sempre molto di più. Quel molto di più lo si può vedere spostandoci un po’ di qua e un po’ di là, a volte per farlo bisogna fare un passo laterale un po’ più ampio e quello potrebbe essere considerato un compromesso.

Per avanzare, diciamo nove volte su dieci, spostarsi e abbracciare un piccolo compromesso è quasi la regola perché le cose esattamente come le vogliamo noi non esistono. Non esistono proprio. Nella nostra testa ci costruiamo la situazione ideale senza prendere in considerazione la realtà e le sue dinamiche, eppure ci intestardiamo a rimanere lì ancorati mentre la vita ci sorpassa a destra e via. In questo delirio guardiamo ai compromessi come tentazioni del Diavolo e se abbiamo questa fame di purezza interiore elevata all’ennesima smettiamo di imparare per radicarci nella nostra safe zone

Quindi parliamo dell’entità dei compromessi, così diamo il giusto peso ai pro e ai contro. Piccoli compromessi: sono quelli che ci permettono di agire senza rinunciare a noi stessi – al nostro credo – e allo stesso tempo avanzare in conoscenza, in esperienza, in comprensione. Grossi compromessi: sono quelli che ci invitano – dietro lauto compenso, stile “L’Avvocato del Diavolo” – a snaturare la nostra indole, ad abbracciare una visione distorta di noi stessi e di ciò che vogliamo, a svenderci in cambio di un qualcosa che potrebbe non arrivare mai. Eccomi infine al punto: raccontarsi che certi compromessi son piccolezze soltanto per argomentare il nostro cambio di rotta e crearci degli alibi, non è una buona idea.

Quindi fuori la bilancina, Babs, e vediamo di capire da che parte pende e dove ti vuoi mettere tu. Occhio alla strada, però!

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(645) Rocambolesco

Ogni cosa io abbia intrapreso è stato sempre un viaggio che in qualche modo si è rivelato spericolato: per dinamiche e per effetti collaterali. Non lo so, probabilmente ce l’ho nel DNA. No, non è una giustificazione, soltanto una base di partenza. Basta saperlo, no?

A questo punto della mia esistenza, sono ben oltre il mezzo cammin di mia vita, ci sono cose che do per scontato, tipo: non potrei permettermelo, ma lo faccio lo stesso. Oppure: non dovrei farlo, ma la vita mi ci costringe e da lì devo passare. Oppure: potrei evitarlo, ma metto da parte la mia rinomata saggezza e mi do all’ennesima cazzata. Cose così.

Male che vada avrò qualcosa da raccontare, mi dico per farmi coraggio, ma a volte le storie sono meno epiche di quel che dovrebbero e non posso far altro che rimandare la grande avventura alla prossima volta. Perché l’aggravante è che sono recidiva. E sempre sempre sempre pronta a partire. Sempre.

Ormai mi ci sono rassegnata: la linea dritta mi schifa. Non ce la fa proprio a tollerare la mia percorrenza e si storce, si attorciglia, si snoda in vortici assurdi sperando di seminarmi o di sotterrarmi. Ma io niente, non mollo. S’è mai visto la Babs mollare soltanto perché non era cosa facile o immediata. Sembra che l’ho scritto come un vanto, ma faccio presente che c’è molta ironia in questa visione di me stessa e ben poco da stare allegri.

Quindi, riassumendo, tutto quello che mi risulta rocambolesco io me lo abbraccio e me lo porto appresso. E lo so che dovrei pensarci un po’ meglio, lo so che potrei scegliere vie più semplici, lo so che c’ho una certa e che le ossa iniziano a scricchiolarmi sinistramente. Lo so. Ma se una ce l’ha nel DNA di complicarsi la vita mica può disfarsene come si butta un paio di scarpe rotte. Non si può, non si fa. Dico solo una cosa a mia discolpa: affronto tutto con la speranza di non sfracellarmi al suolo e – più o meno – riesco a mantenere alto il morale e la fiducia in queste avventure da niente che per me sono tutto.

Ognuno si scrive la propria storia come gli pare e piace, lo ripeto. Questo vale doppio per me, perché coraggio e follia vanno a braccetto nella mia visione e… insomma: basta saperlo.

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(468) Stoicismo

stoicismo s. m. [der. di stoico]. – 1. (filos.) [dottrina e scuola filosofica, fondata in Atene nel 3° sec. a. C. da Zenone di Cizio, che attribuisce carattere di verità unicamente alle sensazioni capaci d’imporsi al soggetto per intrinseca evidenza] 2. (estens.) [l’essere imperturbabili nell’affrontare i dolori fisici e morali e le avversità della vita: sopportare con s. una grave e dolorosa malattia] ≈ impassibilità, imperturbabilità.

Un paio di giorni fa mentre scrivevo il mio post qui sopra ho notato che c’erano degli aggiornamenti di alcuni plug-in da fare. Mi sono fermata e li ho fatti. Uno di loro si è inceppato – diosasoloilperché ma non è importante – e il monitor è diventato tutto bianco con scritta criptica che tradotta malamente significava: hastalavistababy.

Nel senso che proprio non riuscivo più a entrarci nel blog, neppure da un altro device, niente di niente di niente di niente.

Avrei potuto prendere a martellate tutto, tanto dei miei Giorni Così non era rimasto nulla. Ma non l’ho fatto. Sono andata dal mio host e ho aperto un ticket. Si è palesato in neppure cinque minuti Andrew (che io qui chiamerò Saint Andrew). In un battibaleno mi ha risolto il problema. Più che fortuna è stato veramente un miracolo, un miracolo di Saint Andrew. Un secondo prima non c’era più niente, dieci minuti dopo era ricomparso tutto. Houdini al confronto era scemo, giuro.

Lo sto scrivendo perché ho sedimentato solo ora il trauma e posso dichiarare ufficialmente di aver abbracciato – incosapevolmente eppure durevolmente – lo Stoicismo come filosofia di vita. Era dentro di me, era lì e io non lo sapevo. Era lì e ha già fatto bella mostra di sé in diverse occasioni (ma tante tante tante davvero) e io non l’avevo quasi notato.

Sono esterrefatta e deliziata da questa scoperta, da questa risorsa, da questo potere magico.

Stoicismo Forever – it’s the new rule.

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(457) Gravità

Temo sia un sintomo di invecchiamento, la gravità ti piomba sul coppino e da lì non si muove. So dire con precisione quando mi è successo e la cosa non è che alleggerisca in qualche modo il carico. Quindi non serve capire il quando, non serve capire il come, non serve capire il perché… servirebbe, invece, capire come fare a togliersela di dosso e questo diventerà il mio obiettivo per il prossimo anno.

Mi rifiuto di pensare che sarà così per sempre (il per sempre che mi rimane, ovviamente) perché sarebbe come ammettere che non ci sarà respiro leggero per i miei prossimi decenni. Sarebbe una cattiveria imperdonabile da parte della vita, come sparare sulla Croce Rossa. Sono già un caso umano patetico, a che serve infierire?

Dopo questo sfogo intriso di autocommiserazione con utilità pari a zero, posso riprendere il discorso imponendomi un certo decoro: sì, la gravità farà anche parte di me – ammesso e non concesso che non me ne potrò più sbarazzare – eppure non è detto che si debba prendere la gran parte di me. Voglio dire: sarò ben capace di non farle gestire la mia vita nonostante lo sconforto che mi porto appresso!

Questa forza che ci spinge a terra, per non farci prendere il volo, ci permette di fare molte cose. Noi ci sforziamo di oltrepassare i limiti che ci impone, c’è chi ci riesce davvero spingendosi oltre e ottenendo un brandello di immortalità, ma la sfida vera è di guardarla come opportunità e non come limite. Dalla gravità succhiare via la leggerezza e ingoiarla come fosse elio che ci fa papereggiare ridicolmente e piano piano riprendere consistenza e ritornare a essere densi, dentro un corpo che ci contiene e ci garantisce la vita, poggiando i piedi al suolo che è lì che raccogliamo le forze e possiamo tentare di abbracciarci l’un l’altro senza scivolare via.

Se partissi da qui, forse, riuscirei a riconsiderare anche la mia me gravosa… va bene, mi sono convinta, riparto da qui: papereggerò!

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(214) YinYang

NeroBianco-BiancoNero-OmbraLuce-NotteGiorno e potrei continuare per alcune righe ancora e non significherebbe nulla. 

Contenere il tutto mentre si è niente, contenere il niente mentre si è tutto. Anche qui ci sarebbe troppo di cui parlare. Non lo so perché mi sono messa in questo ginepraio, so soltanto che oggi me lo sono sentito ovunque questo YinYang e m’era sembrata una buona idea parlarne. Pensavo di avere pensieri in proposito, invece ho confusione. Più focalizzo e più confondo – che sia la vecchiaia che incombe?

So che ci sono notti colme di luce e non soltanto per la luna piena. So che ci sono giorni dove il buio ti inghiotte, nonostante il sole rovente. So che ci sono momenti in cui ti senti abbracciare tutto e altri in cui la solitudine ti tiene stretta e senza neppure un perché ti va bene così. So che mi accorgo dell’ombra e della luce solo se sto attenta, questo dovrebbe preoccuparmi, ma ho altro da fare.

Non sono pensieri utili, questi. Possono essere un inizio? Mah.

 

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